Ora è il "comandante dei credenti" che parla e ai marocchini oltre confine: li invita a restare legati ai valori della loro religione e della cultura secolare, "estranea al terrorismo". Li esorta: "Armatevi di pazienza, perché la congiuntura è difficile, e siate sempre in prima linea tra i difensori della pace, della concordia, della convivenza, ciascuno nel paese in cui risiede". Fa riferimento ai fatti di sangue che hanno colpito l'Europa di recente e in particolare all'assassino di padre Hamel, lo scorso 26 luglio, a Rouen, in Francia: "Una follia imperdonabile". Il Marocco è da sempre in prima linea contro il terrorismo islamico, ma un gran numero di cittadini europei di origine marocchina o con doppio passaporto è implicato negli attacchi.
"Chi incita alla morte e all'aggressione, chi fa una lettura interessata del Corano e della Sunna, diffonde menzogne in nome di Dio e del profeta. Questa è la vera minaccia", dice il re che controlla in modo capillare le 30 mila moschee del Paese.
L'islam che professa il re è di rito malikita, il più tollerante, ma il suo ruolo di Amir al Mu'umin, Comandante dei credenti, gli dà la forza di imporre le linee guida della predica degli imam, ogni venerdì, e di avere il monopolio della formazione dei religiosi.
"I terroristi che agiscono in nome dell'Islam sono individui smarriti, condannati all'inferno per sempre". E, ancora: "Strumentalizzano certi giovani musulmani, in particolare quelli che vivono in Europa, e sfruttano il fatto che non conoscono bene la lingua araba e l'Islam vero, per consegnare loro messaggi falsi e promesse devianti". Per il ministero degli Interni sono 1.350 i marocchini che avrebbero raggiunto la Siria e l'Iraq per combattere a fianco dell'Isis; 286 sarebbero morti e 156 rientrati in patria e arrestati. (ANSAmed).