"Sarà un processo sonoro collettivo", spiega Houbabi ad ANSAmed. "Il nostro modo di fare arte è provare a mettere al centro la nuda e cruda voce, e questo è ciò che faremo attraverso la poesia performativa, che implica connettersi alla storia della poesia orale e usare il nostro corpo come medium fondativo: la carne come unica realtà possibile e la voce come eredità collettiva e ancestrale". In particolare, "la voce è stata la più grande e necessaria conquista ed è la cosa più importante per me; condividere la sua poesia intrinseca significa esprimere qualcosa di molto vicino alla mia spiritualità più concreta e costruire il mio percorso, marcare il passaggio, farlo con il timbro delle mie antenate e sporcare un futuro che mi vedeva esclusa".
In merito al connubio tra arte e politica, per Houbabi tali due piani "possono emergere come due rette parallele. Non tutto ciò di cui ho bisogno si riflette nella pura rivendicazione politica, però è vero che ogni fonte espressiva in quanto tale è politica". La scrittrice fa un confronto autobiografico tra disegno e scrittura, ricordando quando ha iniziato entrambe le attività: "Nel gesto del disegnare mi annullavo, entrando in una bolla dove potevo sparire", mentre la scrittura è stata "un'affermazione del sé. Dare voce alla mia scrittura significa fare un gesto politico; e farlo tenendo come focus la storia orale significa sfidare la cultura alta e tutto ciò che ci è stato negato".
In quanto originaria del Marocco, Houbabi si esprime sul concetto racchiuso nella parola 'Mediterraneo', esistente "prima dell'Europa e del Nordafrica". La scrittrice parla di "una questione di metodo per chi segue il percorso orale e popolare della propria storia: è nella voce collettiva che si possono decostruire i vari confini. La voce non conosce confini e la musica, la cultura, il cibo, qualsiasi cosa passi di mano in mano e di bocca in bocca ci tiene ancorati alla realtà che più dà respiro alla terra che ci ha dato vita e sangue. L'essenza mediterranea si concentra nei vari confini perché è nei confini che resiste il margine".
Quest'ultimo, per Houbabi, "è anche storia sommersa, identità che si crede perduta. La visione occidentale rispetto al Nordafrica parte da questo grande malinteso storico che si è alimentato di protettorati, colonialismi...basterebbe conoscere la storia della musica o della poesia: il problema non è come ci si pone rispetto al Nordafrica, ma è la storia rinnegata, aggravata dal contesto contemporaneo politico in cui il termine 'Mediterraneo' viene associato alla parola morte", conclude.(ANSAmed).