(dell'inviata Elisa Pinna).
(ANSAmed) - Barcellona, 17 GIU - "L'andamento economico della Catalogna sarebbe migliore se la regione fosse indipendente dal governo centrale di Madrid". Se ne dice convinto il ministro dell'Economia e della Formazione della Generalitat de Catalunya (il governo locale) Andreu Mas-Colell, in un'intervista con un gruppo di giornalisti stranieri. Mas-Colell è uno degli economisti più stimati nel mondo occidentale, tanto che per lui si è parlato più volte di una candidatura al premio Nobel. Nel suo ufficio che si affaccia sulla confusione della picaresca Rambla a Barcellona, il ministro spiega che ''la regione avrebbe maggiori opportunità di crescita, in caso di completa autonomia". l modello di governo centralizzato di Madrid - osserva - non funziona più nel mercato globale ed è "un peso che affonda l'economia spagnola, oltre che la nostra".
Non è una questione di trasferimenti di soldi dalle casse della Catalogna a quelle della capitale spagnola, ma di "identità e autogoverno", precisa il ministro. Certo, il problema delle tasse non è irrilevante. La Catalogna, pur non essendo la regione più ricca della Spagna (in ordine è la quarta dopo Paesi Baschi, Navarra e provincia di Madrid), è costretta a trasferire circa l'8 per cento del suo prodotto interno lordo nella capitale spagnola; le tasse raccolte da Barcellona ammontano ad oltre il 19% delle entrate totali dell'erario del Regno, ma dallo stato spagnolo la Catalogna riceve solo il 14% delle intere spese, una percentuale inferiore persino al peso della sua popolazione che conta per il 16-17% della Spagna. "Noi abbiamo dovuto abbassare del 7% gli stipendi degli impiegati della Municipalitat (insegnanti compresi). A Madrid nulla di questo è avvenuto". Ma anche se, per assurdo, il governo centrale decidesse di dimezzare al 4% del Pil il carico fiscale della Catalogna, secondo il ministro non basterebbe. "Noi non abbiamo potere, non possiamo fare nulla senza il consenso del governo centrale", afferma Mas-Colell, citando non solo la politica economica, ma anche quella delle infrastrutture e dell'Istruzione. Mas-Coell non teme che il processo di indipendenza dalla Spagna, su cui la popolazione catalana è chiama a pronunciarsi in una consultazione prevista per il 9 novembre, possa spaventare le grandi multinazionali straniere (circa 5200) presenti in Catalogna. "Rispetteremo tutti gli accordi economici, si tratterà di una fase lunga e negoziata e al momento non vedo nessuna ripercussione sugli investimenti esteri". Nessuna paura nemmeno di un'espulsione di una futura nazione catalana dalla Ue. "Siamo europeisti convinti e ci fidiamo più di Bruxelles che di Madrid". Molti grandi imprenditori catalani sembrano pensarla esattamente come lui. "Pericolo di un futuro di incertezze? Per noi la certezza attuale è che le cose oggi non vanno bene", afferma German Ramon-Cortes, presidente della fondazione sociale 'La Predera'. "Le decisioni economiche prese a Madrid erano e sono sbagliate. Non si rendono conto delle necessità delle imprese.
Hanno un approccio ancorato al novecento", osserva Carles Sumarroca, vicepresidente del gruppo Comsa Emte, un colosso delle infrastrutture. "Noi imprenditori - continua - abbiamo bisogno di una politica che sostenga le esportazioni, l'innovazione".
Barcellona si sente proiettata nel futuro. "Il nazionalismo è quello della Spagna. In realtà il movimento per l'indipendenza della Catalagna è anti-nazionalista, ha radici post-moderne", spiega Fernando Rodes, vice presidente di Havas, il quinto gruppo di comunicazioni più importante al mondo. Spagna e Catalogna, ricorda, sono state per secoli due realtà separate: "oggi votiamo per partiti diversi, vediamo programmi televisivi diversi, persino l'edizione del Pais della Catalogna non è la stessa di quella diffusa nel resto della Spagna". "Forse è il momento del divorzio, ma come in ogni separazione civile, negozieremo tutto e, probabilmente, continueremo a condividere il giardino e tante altre cose ancora", conclude. (ANSAmed).