I Seminari resi possibili grazie al sostegno della Fondation Maison des Sciences de l'Homme di Parigi e della Calouste Gulbenkian Foundation - Delegazione in Francia, e al coordinamento scientifico di Mohammed Hashas, docente alla LUISS Guido Carli hanno scandagliato sotto ogni punto di vista il tema centrale della presente edizione ovvero quello del cambiamento sociale nei Paesi arabi: sulla sua natura e il suo significato a diverse latitudini del mondo arabo si sono interrogati filosofi, sociologi e scienziati politici - nello spirito aperto che da sempre caratterizza i Seminars. Sulla quanto mai incerta fase di transizione politica tunisina si sono concentrate le riflessioni, tra gli altri, di Mohammed Haddad (Université La Manouba), che ha aperto i Seminari centrando lo sguardo sul peso delle disuguaglianze economiche nella definizione delle traiettorie politiche della regione. Sulla "lunga crisi" e sul profondo cambiamento conseguente nei rapporti tra cittadini e Stato/istituzioni in Libano così come in Siria si è concentrato l'intervento del prof. Joseph Bahout (American University of Beirut), sul caso algerino, ma anche sul significato del concetto stesso di "cambiamento" nel mondo arabo le riflessioni di Amel Boubekeur (Ehess). Uno sguardo più ampio alle fragilità politiche della regione, ed alle conseguenti reazioni dell'Occidente, è stato portato, tra gli altri, da Amel Grami (Université la Manouba) e Sharan Grewal (College of William & Mary), mentre Stefano Allievi (Università di Padova) - che ha rappresentato l'accademia italiana insieme con Renata Pepicelli (Università di Pisa) - ha portato lo sguardo alle dinamiche dell'integrazione e dei conflitti culturali in Europa.
"È essenziale tenere aperti spazi di dialogo e di riflessione, da costruirsi insieme, tra intellettuali dei paesi a maggioranza musulmana e intellettuali occidentali, europei e americani. E questo facciamo con la conferenza internazionale e con la Summer School di Reset Dialogues on Civilizations, negli spazi di libertà che rimangono a disposizione, non molti ormai, sulla sponda sud del Mediterraneo", ha commentato a conclusione dei Seminari il fondatore ed Executive Chair di Reset, Giancarlo Bosetti. "La Tunisia cui abbiamo dedicato in questi anni diverse monografie e incontri era una "eccezione democratica". Purtroppo dobbiamo prendere atto che non lo è più, disciolto il Parlamento, chiusi gli spazi di opposizione, in arrivo una riforma costituzionale che cancella l'indipendenza della magistratura. La fase democratica che abbiamo alle spalle, e che si basava sul compromesso storico tra partito islamico e partiti laici, non è riuscita a dare risposte alla tremenda crisi economica, aggravata dalla pandemia e dalla guerra.
Riuscirà la sospensione della democrazia a produrre un esito migliore? Lecito per lo meno dubitarne. Il rischio evidente è che si ripeta una situazione ben nota nel mondo arabo: poteri autoritari, dittatoriali o semidittatoriali vedranno fiorire una opposizione, quella dell'Islam politico, con seguito di repressioni e radicalizzazioni. In questo senso la sconfitta della formazione di En Nahda, così diversa e promettente, sotto la guida di Rached Ghannouchi, dalla Fratellanza musulmana egiziana, è di pessimo auspicio. In Tunisia è possibile una versione addolcita della solita storia? Speriamo che gli spazi per il dialogo e la libertà di espressione rimangano aperti.
Nella nostra conferenza sulla sfida del cambiamento sociale si è parlato molto di spirito critico e libertà come anima di una società che voglia diventare più dinamica. Speriamo che di questo spirito critico si diffondano tracce". (ANSAmed). (ANSA).