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Responsabilità Editoriale Gruppo Italia Energia

Utility, Mef apre a meno vincoli per i privati nelle società in house

La sottosegretaria Sartore risponde a un’interrogazione della Lega: “Verificheremo la possibilità”. Il tema della quotazione in Borsa e i possibili impatti sul risiko (articolo di Quotidiano Energia)

Quotidiano Energia - Allentare i vincoli della presenza di operatori privati nelle società che godono di affidamenti “in house”.


La richiesta arriva da un’interrogazione della Lega (primo firmatario Centemero) alla commissione Finanze della Camera. E la risposta data ieri dal Mef apre qualche spiraglio: “il Governo si riserva di approfondire ulteriormente la problematica evidenziata dagli onorevoli interroganti al fine di verificare la possibilità di implementare l'ingresso di capitali privati nelle società in house”, ha sottolineato la sottosegretaria Alessandra Sartore.

Si tratta di un tema che, come noto, interessa direttamente molte utility italiane. E che potrebbe avere impatti sul risiko delle aggregazioni.

Nell’interrogazione i deputati leghisti affermano che “l'ingresso regolamentato di capitali privati nelle predette società in-house, soprattutto a livello locale, comporterebbe significativi benefici in termini di gestione aziendale e trasparenza, evitando il ricorso ad altre forme di trasferimento di risorse pubbliche”.

Inoltre, “nel rispetto della direttiva 2014/24/UE, il combinato disposto dei suindicati benefici potrebbe quindi essere efficacemente garantito attraverso la quotazione in borsa di una partecipazione di minoranza del capitale sociale delle cosiddette in-house”.

Nella risposta la sottosegretaria ricorda le limitazioni attualmente previste dalla legge all’ingresso dei privati (comunque possibile) nonché i “distinti orientamenti talvolta emersi in seno alle diverse Sezioni del Consiglio di Stato sull'ammissibilità o meno di affidamenti diretti a beneficio di organismi poi partecipati — seppur in forza di norme di legge – da soggetti privati”.

Sartori aggiunge che “ogni valutazione funzionale ad una eventuale introduzione di misure tese a mitigare i limiti e i vincoli all'apertura del capitale di società in house ai privati” deve essere” oggetto di adeguata trattazione nei competenti consessi interni e dell'Ue”.

L’esponente del Mef ricorda inoltre “una ormai consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia europea” secondo cui “per la sussistenza del controllo analogo da parte dell'ente pubblico partecipante/affidante, l'impresa non deve poter acquisire una vocazione commerciale, profilo questo che emergerebbe in tutta la sua interferenza ove l'apertura del capitale della società avvenisse sotto forma di una quotazione in borsa”.

Sartori afferma infine che “appare difficile consentire con norma di legge la partecipazione di privati a società in house, destinate per loro natura ad operare nell'interesse e sotto l'egida dell'amministrazione pubblica, senza pregiudicare l'interesse delle altre imprese a non vedersi discriminate nelle procedure di scelta del contraente privato”.

Nella sua replica, Centemero “rileva una chiusura all'ipotesi di quotazione in borsa anche di una partecipazione minoritaria dei privati alle società in house” ma “esprime comunque soddisfazione per quanto evidenziato in ordine alla volontà del Governo di farsi parte attiva al fine di verificare la possibilità di implementare l'ingresso di capitali privati”.

Quali i possibili effetti di una tale “implementazione” sulla strategia di M&A delle utility? Difficile trarre conclusioni.

Va ricordato che in Toscana si ragiona su una holding pubblica che dovrebbe quotare in borsa una quota di minoranza. Holding a cui potrebbero partecipare anche soci privati (forse Estra, o la stessa Acea, qualora non si raggiungesse un accordo con i Comuni sulla cessione delle partecipazioni detenute dal gruppo romano).

In quest’ultimo caso si porrebbe peraltro il tema dell’obbligo di gara nella scelta del partner privato, sancito dal CdS per il caso A2A-Aeb. Obbligo che secondo i giudici vale ogni qualvolta si dia luogo a una società mista pubblico-privata concessionaria di affidamenti in house, a prescindere dall’aspetto “formalistico” dell’operazione che si pone in essere.

Su questo punto, come detto, la sottosegretaria del Mef ha sottolineato l’esigenza di non “pregiudicare l'interesse delle altre imprese a non vedersi discriminate nelle procedure di scelta del contraente privato”.