"Vorrei riassumere l'eredità di
Livatino con la stessa frase che ho utilizzato per ricordare don
Pino Puglisi: con la mafia non si convive! Fra la mafia e il
Vangelo non può esserci alcuna convivenza o tantomeno
connivenza. Non può esserci alcun contatto né alcun deprecabile
inchino". Lo ha affermato il cardinale Gualtiero Bassetti,
presidente della Cei, intervenendo stamane al Palazzo dei
Marescialli alla proiezione del docufilm sul giudice Rosario
Livatino, che sarà beatificato ad Agrigento il prossimo 9
maggio. È presente il presidente della Repubblica, Sergio
Mattarella.
Quella del giudice Livatino, ha ricordato Bassetti, è "una
beatificazione che avviene, come è noto, in una ricorrenza di
grande significato: il 9 maggio del 1993 papa Giovanni Paolo II
nella messa celebrata nella Valle dei Templi lanciò un durissimo
monito contro la mafia colpevole di 'calpestare il diritto
santissimo di Dio' e di 'uccidere' vite innocenti". "Ancora oggi
- ha proseguito - sento vibrare nel mio cuore quel grido rivolto
ai mafiosi con cui concluse la sua omelia: 'Convertitevi! Una
volta verrà il giudizio di Dio!'". Secondo il presidente della
Cei, "le parole che sono state pronunciate dai pontefici sulle
organizzazioni malavitose sono chiarissime. E a quelle di papa
Wojtyla vorrei aggiungere le parole magisteriali di Francesco
che a Sibari, nel 2014, disse non solo che la malavita 'è
adorazione del male e disprezzo del bene comune' ma che,
soprattutto, quegli uomini che 'vivono di malaffare e di
violenza' non sono in comunione con Dio e quindi 'sono
scomunicati'". "La malavita organizzata - la possiamo chiamare
mafia, camorra, stidda - non è quindi una criminalità comune ma
è un'organizzazione feroce e, al tempo stesso, una forma di
ateismo che si colora di tinte neopagane e di blasfeme citazioni
cristiane. La malavita è inequivocabilmente fonte di morte:
morte della società, morte del territorio, morte dell'anima
delle persone", ha sottolineato il card. Bassetti. E "le
organizzazioni criminali per realizzare i loro progetti creano
un clima di paura che sfrutta la miseria e la disoccupazione, la
disperazione sociale e l'assenza della certezza del diritto".
"Proprio per questo è assolutamente necessaria la presenza dello
Stato - ha detto ancora -. Una presenza forte, autorevole e
soprattutto educativa. Come quella di Rosario Livatino".
"Rosario Livatino - ha aggiunto Bassetti - è stato un
appassionato difensore della legalità e della libertà di questo
Paese. Un autentico rappresentante delle istituzioni che è
riuscito a incarnare la certezza del diritto e anche la cultura
morale dell'Italia profonda: di quell'Italia che non si arrende
alle ingiustizie e alle prevaricazioni, e che non cede agli
ignavi e a coloro che si adeguano allo status quo: anche quando
lo status quo è rappresentato dalla mafia". "Senza alcun dubbio,
Rosario Livatino è stato un piccolo e giovane uomo ma, al tempo
stesso, è stato un gigante della verità. Un uomo che ha
incarnato il Vangelo delle Beatitudini perché egli aveva 'fame e
sete di giustizia'", ha osservato. Livatino ci lascia dunque una
preziosa eredità civile e un altrettanto importante eredità
spirituale - ha concluso il presidente della Cei -. Il suo
martirio parla alla Chiesa e all'Italia intera. Ma soprattutto
parla alle giovani generazioni: a coloro che non sono ancora
compromessi e che possono, anzi, devono resistere, con tutta
l'energia e il coraggio della gioventù, alle false lusinghe
malavitose".
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