(ANSA) - TORINO, 22 GIU - "Nei quasi 4.000 trapianti eseguiti
- ha concluso - non ci è mai successo un caso simile,
soprattutto di dovere valutare in tempi così stretti: è un
intervento unico per il tipo situazione che ha generato il danno
epatico così grave e così rapidamente". A commentare all'ANSA la
vicenda del trapiantato di fegato in seguito a un 'colpo di
calore' è il professor Renato Romagnoli, direttore del Centro
Trapianto Fegato dell'ospedale Molinette della Città della
Salute di Torino, che ha supervisionato l'intervento.
"Il fegato - ha spiegato - è un organo molto sensibile al
calore. Il cervello paradossalmente ha meccanismi di difesa
superiori. E qui c'è stato un insieme di concause, caldo estremo
in campagna, fra 38 e 40°C gradi ambientali, la malaugurata idea
di dare fuoco a sterpaglie, quindi verosimilmente l'uomo è stato
investito da calore e fumo".
"L'uomo, con un fisico sportivo, da ex atleta della corsa, ha
fatto appena in tempo - ha riferito - a urlare, chiedendo aiuto,
quindi è svenuto vicino al rogo, pur senza ricevere ustioni, ma
è come se fosse entrato in un forno a microonde. Per fortuna
l'hanno sentito e visto dei vicini, che hanno chiamato i
soccorsi. L'hanno trovato in coma, ipoteso e non risvegliabile e
l'hanno sottoposto a manovre di rianimazione, che hanno
migliorato pressione e respiro, ma nulla hanno potuto per il
fegato, che è andato progressivamente in necrosi".
"Conoscendo la progressione di questi casi - ha sottolineato
Romagnoli - l'abbiamo inserito nelle liste d'attesa a 48 ore
dal fatto perché a 36 era chiaro che sarebbe andato molto oltre
il limite di non ritorno: l'evoluzione in questi casi è
rapidissima è la finestra del trapianto è fino alla terza o
quarta giornata, non oltre. Il 'colpo di calore', così come
accade ai maratoneti per un eccezionale sforzo fisico, consuma
tutte le riserve del fisico e del fegato. Siamo riusciti a
operare prima delle 72 ore e la funzione epatica in due giorni
ora si normalizza". (ANSA).