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Stefano e il cancro al testicolo, 'dopo questa esperienza si diventa persone migliori'

Ora l'impegno nell'associazione Aitt per diffondere prevenzione

Redazione ANSA ROMA

"Il cancro ti apre un mondo, ti fa capire che non tutto è scontato. Come ad esempio un abbraccio. Inizialmente hai paura, poi senti rabbia, dopo ti toglie tutto ma quando guarisci ti rida' tutto quanto con gli interessi. Dopo non dico che ti migliora la vita, ma migliori tu come persona, diventi anche più forte". Questo il punto di vista di Stefano Alberti, 34 anni, che ha affrontato con grande grinta un tumore del testicolo sinistro quando ne aveva 26 e poi si è confrontato per ben due volte con il timore di una ricaduta, che in un caso ha portato anche a un intervento chirurgico a scopo precauzionale. Tutto inizia ad agosto 2011. Quando Stefano si sveglia con un testicolo gonfio e dolorante. "Dai primi di gennaio avevo una febbricola latente che non aveva apparentemente spiegazione, andava e veniva ogni giorno -racconta- mi sono alzato e il testicolo era gonfio e provavo dolore. Sono andato dal medico di base, che mi ha visitato e pur avendo forse un sospetto che qualcosa non andasse non ha detto nulla, anche perché era complesso capire qualcosa con esattezza, data la presenza del gonfiore. Mi ha dato un antibiotico e antinfiammatorio, con i quali i sintomi sono passati. E' stato allora che ho potuto riscontrare che c'era qualcosa di strano e duro nella parte interna, fra un testicolo e l'altro nascosto dietro".


    L'ecografia, effettuata a Catania, conferma la presenza di tre 'macchie', masse due centimetri ciascuna. Da lì la prescrizione dei marker tumorali, uno dei quali risulta fuori range. Inizia la ricerca di esperti: due urologi sempre a Catania e infine l'approdo a Milano, all'Istituto Tumori, dal dottor Nicola Nicolai. "Avevo paura, a 26 anni non pensi che un tumore possa colpirti- evidenzia Stefano- ero in cerca di risposte concrete e ho letto un'intervista al dottore nella quale lui affermava che dal tumore del testicolo si guarisce. Mi dava speranza. Ho deciso di andare da lui". "Il giorno della visita sono uscito dalla struttura un po' più tranquillo- aggiunge- mi ha spiegato che il percorso era lungo ma che avevo buone chances di guarigione. Ho fatto l'intervento di orchiectomia (cioè rimozione del testicolo) e dopo l'operazione una Tac ha rilevato che vi erano metastasi ai linfonodi dell'addome. Mi sono sottoposto a tre cicli di chemioterapia. La mia famiglia, mia madre, mio padre e mia sorella, mi sono stati sempre accanto, erano i miei angeli custodi. Tra alti e bassi e' stato un percorso abbastanza pesante".

A gennaio 2012 il percorso sembra finito con successo, ma poi nel 2014 un linfonodo ingrandito più del normale fa riaffiorare la preoccupazione che la malattia si sia ripresentata. Questa volta il timore dei medici e' che si tratti di una forma chiamata teratoma, che e' anche meno responsiva alla chemio, per questo propongono a Stefano la chirurgia. Un intervento di sei ore con il quale viene rimossa l'intera catena sinistra, 14-15 linfonodi. L'istologico rivela poi che si trattava di un'infiammazione, ma era difficile per i medici indagare essendo la zona vicina all'aorta. Il timore si ripresenta poi un anno e mezzo fa, a Catania, per fortuna con un falso allarme dovuto a una massa evidenziata in una radiografia. "Io mi sentivo immortale, invincibile- prosegue Stefano - e' così che 26 anni può capitare di sentirsi, non pensi che la vita possa finire. Credi che avere un tumore possa accadere agli altri. Non ti sfiora l'idea che possa succedere a te". Per sensibilizzare anche gli altri ragazzi Stefano diventa uno dei soci fondatori dell'Aitt (Associazione Italiana tumore del testicolo). Una delle 'armi' più importanti che si punta a far conoscere e' l'auto-palpazione. "Se io ne avessi sentito parlare, ad esempio- ragiona- avrei probabilmente evitato diversi problemi, come dover fare la chemio".

"A chi oggi affronta la malattia- conclude- voglio dire che alla fine di un tunnel lungo la luce c'è. C'è una nuova vita bella come quella di prima, ma bisogna essere forti, mentalmente proiettarti verso il risultato positivo e fidarsi dei medici, non pensando ad altro che a sconfiggere la malattia, da cui si guarisce. Un lavoro importante che stiamo cercando di fare con l'Associazione e' sui centri di riferimento, chi non ce la fa spesso e' perché è stato seguito male".
   

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