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Gli anticorpi anti SarsCoV2 durano 9 mesi anche negli asintomatici

Gli anticorpi anti SarsCoV2 durano 9 mesi anche negli asintomatici

Lo indicano i dati dall'indagine sui dati di Vo' Euganeo

19 luglio 2021, 12:54

Redazione ANSA

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Il coronavirus SarsCoV2 (fonte: NIAID-RML) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il coronavirus SarsCoV2 (fonte: NIAID-RML) - RIPRODUZIONE RISERVATA
Il coronavirus SarsCoV2 (fonte: NIAID-RML) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Gli anticorpi anti SarsCoV2 che compaiono in seguito all'infezione durano 9 mesi, sia nei sintomatici che negli asintomatici: è quanto emerge dai dati pubblicati sulla rivista Nature Communication relativi all'indagine di Vo' Euganeo condotta dal gruppo di Andrea Crisanti, dell'Università di Padova, in collaborazione con l'Imperial College di Londra.

Secondo i nuovi dati ottenuti analizzando i livelli anticorpali nei soggetti risultati positivi nella prima indagine eseguita sulla popolazione di Vo' Euganeo il 98,8% delle persone infette a febbraio/marzo ha mostrato livelli rilevabili di anticorpi anche a novembre.

Lo studio è stato eseguito utilizzando tre diverse tipologie di test che rilevano diversi tipi di anticorpi che rispondono a diverse parti del virus. I risultati hanno mostrato che mentre tutti i tipi di anticorpi hanno mostrato un certo declino tra maggio e novembre, il tasso di decadimento era diverso a seconda del test. E' stato inoltre riscontrato in alcuni casi un aumento delle difese anticorpali, fenomeno che suggerisce possibili re-infezioni con il virus in alcuni soggetti.

"Non abbiamo trovato prove che i livelli di anticorpi tra le infezioni sintomatiche e asintomatiche differiscano significativamente, ciò suggerisce che la forza della risposta immunitaria non dipenda dai sintomi e dalla gravità dell'infezione", ha detto Ilaria Dorigatti, dell'Imperial College e prima autrice dello studio. Si evidenzia però che i livelli di anticorpi misurati varia, a volte anche sensibilmente, a seconda del tipo di test utilizzato: "Ciò significa che è necessaria cautela quando si confrontano le stime dei livelli di infezione in una popolazione ottenuta in diverse parti del mondo con test diversi e in tempi diversi", ha aggiunto Dorigatti.

Lo studio conferma inoltre la grande variabilità nei processi di diffusione tra soggetto e soggetto verificando che la maggior parte delle infezioni non generano ulteriori contagi mentre la gran parte dei casi è generata da pochi singoli pazienti particolarmente contagiosi. Le grandi differenze nel modo in cui una persona infetta può infettare gli altri nella popolazione suggeriscono che i fattori comportamentali sono fondamentali per il controllo dell'epidemia e il distanziamento fisico, oltre a limitare il numero di contatti e indossare la maschera, continua ad essere importante per ridurre il rischio di trasmissione la malattia, anche in popolazioni altamente vaccinate.

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