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Consumi: nell'anno del Covid pesce allevato -40% ma il caviale vola

Api, grandi realtà hanno resistito con il delivery e l'online

Redazione ANSA ROMA

Allevamenti in acqua dolce e la pesca sportiva hanno pagato il prezzo più alto per la pandemia con perdite delle vendite fino al 40%, mentre le specie ittiche allevate in mare hanno tenuto grazie anche ad una produzione molto esigua pari ad appena il 20% del totale. Raddoppiano invece i consumi interni di caviale di cui l'Italia è il primo produttore europeo e secondo al mondo dopo la Cina. Dopo un anno di Covid arriva il bilancio dei danni del comparto stilato dall'Api, l'Associazione che riunisce gli acquacoltori di Confagricoltura. Secondo gli ultimi dati su produzione e consumo, l'Api segnala che la chiusura del canale Ho.Re.Ca si è tradotta in una perdita delle vendite del 30%, fa sapere il presidente Pier Antonio Salvador, dove a soffrire sono state le aziende più piccole, mentre quelle di dimensioni maggiori sono riuscite a riequilibrare la loro presenza sul mercato, aumentando i quantitativi nella Grande distribuzione vendendo sottocosto e utilizzando i servizi di delivery e l'on-line.

"Per le trote made in Italy, la specie italiana più prodotta e esportata - spiega il direttore dell'Associazione Andrea Fabris - il fatturato ha perso oltre il 15%, mentre la produzione poco meno del 10%; dati che potrebbero sembrare in contrasto ma che sono dovuti alla necessità delle aziende di cedere il surplus a prezzi bassi, per garantire negli allevamenti lo spazio per le nuove produzioni". Quanto al caviale, fa sapere l'Api, il boom delle vendite si è registrato soprattutto nel periodo di Natale, una vera eccellenza italiana, prodotta in Lombardia, Piemonte e Veneto. La produzione di orate e spigole, altro fiore all'occhiello dell'acquacoltura nazionale, segnala infine l'Associazione, ha dimostrato un leggero incremento indice, tra l'altro, di una maggiore attenzione all'origine italiana dei prodotti ittici. 

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