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In Svizzera i tanti volti di Andy Warhol

In Svizzera i tanti volti di Andy Warhol

Fino 29/8 Pop Art Identities, 160 opere originali e film inediti

MONTREUX, 25 giugno 2021, 11:08

(di Marzia Apice)

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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MONTREUX - Il tema dell'identità e della sua trasformazione, nel confronto costante e contraddittorio tra uomo, personaggio e artista in una delle figure più celebri della storia dell'arte è al centro di "Andy Warhol - Pop Art Identities", la mostra in programma all'Auditorium Stravinski di Montreux, Svizzera, fino al 29 agosto. Inaugurata il 10 giugno, l'esposizione, prodotta e organizzata dall'Associazione MetaMorfosi e curata da Maurizio Vanni, racconta Andy Warhol a tutto tondo, evidenziandone il talento provocatorio e il carattere enigmatico, grazie a una cospicua selezione, oltre 160, di opere originali e film inediti. Ma la mostra segna anche l'ideale e un po' nostalgico "ritorno" a Montreux del Padre della Pop Art che proprio qui, nel 1986, realizzò a 4 mani insieme a Keith Haring il manifesto ufficiale del Montreux Jazz Festival. Approfondendo il tema dell'identità - e quindi focalizzando l'attenzione sulle scelte, sulle prese di posizione, sui suoi stati d'animo e sul suo atteggiamento nella vita pubblica e privata - il progetto espositivo mira a chiarire se Warhol possa essere considerato davvero un artista o invece "solo" un abile e intraprendente pubblicitario capace di dare forma, colore e speranza ai desideri più nascosti delle persone.
    Sette le sezioni in cui il percorso è articolato, per ripercorrere tutte le fasi della carriera di Warhol: dai ritratti celebri (con le serie dedicate a Marilyn e Mao Tse-Tung) in cui si affrontano le evoluzioni tecniche e stilistiche in relazione al rapporto tra la serialità della serigrafia fotografica e gli interventi successivi alle popolarissime Icons, gli oggetti d'uso quotidiano resi immortali, come la zuppa Campbell e le banconote dei dollari americani. E ancora, i Ready-made, dalla bottiglia di Coca Cola alla chitarra dei Rolling Stones, con gli oggetti che vengono proposti come opere d'arte, e i Flash, con undici serigrafie che raffigurano la rappresentazione mediatica dell'assassinio del Presidente John F. Kennedy del 22 novembre 1963. Non manca poi la sezione Ladies and Gentleman, che illustra il progetto fotografico del 1975 in cui Warhol immortalò alcune drag queen newyorkesi, quella dedicata alle copertine dei dischi (a partire dalla banana disegnata per il primo album dei Velvet Underground) e Beyond the objects, che presenta le serie Camouflage e The only way out is in, una sorta di congedo dal mondo (l'artista morirà pochi mesi dopo) in cui Warhol invita il pubblico ad andare oltre la superficie delle cose, a cercare nuovi significati negli oggetti di consumo. «Più di 160 opere originali ci fanno comprendere come le idee di Warhol mascherassero precise strategie creative che, in alcuni casi, si sono alimentate per caso - spiega il curatore della mostra Maurizio Vanni - Per essere sicuro di essere uno strumento che proiettasse nel futuro tutte le cose nella loro essenza e soprattutto per mostrarle sotto una nuova luce, Warhol smise di disegnare e di dipingere, ideando tecniche artistiche personali capaci di garantire l'unicità nella serialità".
   

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