Si chiama Next la rassegna
dedicata al Caravaggio trafugato dall'oratorio di San Lorenzo a
Palermo, che quest'anno si avvale del supporto della Fondazione
Sicilia all'interno del progetto "Isgrò - Dante, Caravaggio e la
Sicilia" giunge alla sua XII edizione con un'opera firmata da
Emilio Isgrò, chiamato a realizzare una sua Natività in memoria
del capolavoro di Caravaggio, trafugato dall'oratorio di San
Lorenzo a Palermo nel 1969. L'opera sarà inaugurata alla
mezzanotte del 24 dicembre e resterà in esposizione fino al 17
ottobre 2022, anniversario del furto del Caravaggio.
Il progetto Next nasce nel 2010 da un'idea di Bernardo Tortorici
di Raffadali, Presidente dell'Associazione Amici dei Musei
Siciliani, con la realizzazione per l'Oratorio della prima
Natività contemporanea ad opera del Laboratorio Saccardi.
L'intento era quello di esorcizzare attraverso l'arte uno degli
eventi più drammatici della storia del patrimonio culturale, una
ferita ancore aperta che attende con speranza un possibile
risanamento. "Non sarà la mafia a cancellare la presenza della
Natività, la Natività l'abbiamo voluta fare cancellare dall'arte
e da un'artista, Emilio Isgrò che, attraverso il suo
caratteristico gesto, crea una nuova opera, un nuovo valore, una
nuova speranza. E' stata una scelta simbolicamente molto forte
per un'iniziativa che da tanti anni portiamo avanti come un
arcaico rituale di auspicio, con l'augurio che possa essere
propiziatorio al ritrovamento del capolavoro scomparso" dice
Bernardo Tortorici di Raffadali. Nel 2009 Gaspare Spatuzza
raccontò che il quadro, nascosto in una stalla, fu rosicchiato
dai topi e dai maiali ed infine dato alle fiamme nell'intento di
disperderne le tracce. La notizia proveniva dal compagno di
cella Filippo Graviano, boss di mafia affiliato alla Famiglia di
Brancaccio che all'epoca del furto aveva appena otto anni, e che
quindi non poteva costituirsi come una fonte diretta. Un altro
pentito, Salvatore Cancemi, riferì che la Natività si esponeva
durante i summit dei corleonesi di Riina, dichiarazioni poi
smentite da Francesco Marino Mannoia. Lo stesso Mannoia si auto
sconfesserà nel 2017, asserendo di aver mentito quando, durante
il Maxiprocesso, aveva affermato di aver bruciato la tela con le
proprie mani. Non ritenute pienamente attendibili sono anche le
parole di Vincenzo La Piana, che aveva riportato di aver visto
la tela all'interno della raffineria di droga del boss Gerlando
Alberti.
A far luce sui recenti sviluppi dell'indagine è la confessione
di Gaetano Grado, raccolta dalla Commissione Antimafia l'11
maggio del 2017. Secondo le sue dichiarazioni, furono dei
semplici ladri, dei ragazzi, gli autori del crimine. Badalamenti
si farà consegnare l'opera, portandosela con sé a Cinisi. Grado
apprenderà poi da Badalamenti che il quadro era stato venduto a
un trafficante d'arte di origine svizzera, probabilmente di
Lugano, un uomo parecchio in là con l'età che aveva espresso
l'idea di rivenderlo a pezzi.
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