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Mafia: in bene confiscato turismo rurale con cucina territorio

Mafia: in bene confiscato turismo rurale con cucina territorio

Dal 2009 terreni e casolari nel trapanese a Fondazione San Vito

SALEMI, 27 gennaio 2022, 15:20

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Alle pareti quadri con l'immagine del giudice Paolo Borsellino, assassinato dalla mafia. Nella sala del ristorante pietanze semplici preparate coi prodotti della terra e accoglienza familiare: manca la tv. Per scelta, "perché vogliamo che a tavola si coltivino le relazioni, senza essere distratti da altro", dicono i gestori. Nella provincia di Trapani, terra straordinariamente ricca di storia, cultura e paesaggi di colori e feudo del boss latitante Matteo Messina Denaro, capo del mandamento di Castelvetrano, nella vicina Salemi c'è il turismo rurale 'Al Ciliegio', una delle attività di promozione sociale alla legalità che conduce la "Fondazione San Vito Onlus" di Mazara del Vallo, braccio operativo della Caritas diocesana.
    L'immobile è il vecchio casolare/magazzino rurale che era al servizio dei vigneti e seminativi confiscati alla mafia: fu tolta al patrimonio di Calogero Musso, condannato all'ergastolo, considerato reggente del clan mafioso di Vita, tra Salemi e Calatafimi. Il casolare è passato nella gestione del patrimonio indisponibile del Comune che lo ha affidato per dieci anni alla Fondazione. Nel gennaio 2019 la Fondazione è risultata vincitrice del nuovo bando di affidamento per altri 10 anni.
    Oggi quel vecchio casolare è diventato luogo di turismo rurale: al primo piano c'è la piccola cucina, a pian terreno bagni, bar e pochi tavoli. Nel tempo sono stati ampliati i posti a sedere, con la realizzazione di un'aula didattica multiuso (finanziata dalla Fondazione Vodafone Italia) per lo svolgimento di corsi e laboratori destinati a studenti e associazioni e, quando necessaria, per ampliare la capienza del ristorante che, a pieno regime free Covid-19, può ospitare sino a 60 persone.
    Negli anni il turismo rurale è diventato una meta per buongustai e per chi vuole godersi la natura dalle ampie vetrate della sala ristorante o lungo i sentieri che conducono all'albero-simbolo di ciliegio. In cucina c'è Annamaria Bongiorno, in sala, invece, la sorella Lucia e Salvatore Trombino. Sono le sorelle Bongiorno che preparano le conserve poi servite a tavola, così come anche le busiate, la tipica pasta del Trapanese. "In tempo di primavera e d'estate coltiviamo gli ortaggi qui nel terreno a fianco - racconta il presidente della Fondazione, Vito Puccio - per realizzare piatti con prodotti a km zero".
    Poco distante dal casolare c'è un impianto fotovoltaico che consente alla struttura una quasi totale autonomia dal punto di vista dell'approvvigionamento elettrico. La rotta che negli anni ha contraddistinto l'esperienza de "Al Ciliegio" è quella del dialogo col territorio (sui diversi livelli: istituzionale, associazionismo, Chiesa, imprese agricole e cooperative sociali) in una logica di costruzione di scelte condivise nell'ottica del bene comune. "Sarebbe fin troppo semplice pensare a questa nostra realtà come un luogo dove mangiare, in assenza degli aspetti dialoganti e umani", spiega Puccio. La cucina casalinga, l'orto al servizio esclusivo dei piatti che vengono preparati, l'amore sul lavoro dei dipendenti, la cura delle terre circostanti (vigneti e foraggi) sono tutti aspetti che la Fondazione promuove, non soltanto nell'ottica di informare, ma, soprattutto, di sensibilizzare ai temi della cura dell'umano e dell'ambiente. "Quello de 'Al Ciliegio' è un'esperienza prima da vivere e poi da raccontare", dice chi c'è stato.
   

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