(ANSA) - BELGRADO, 08 GEN - Nel pieno della bufera che
investe il leader serbo-bosniaco Milorad Dodik, accusato dalla
comunità internazionale di crescenti mire secessioniste, e che
nei giorni scorsi è stato colpito dalle sanzioni americane, la
Republika Srpska (Rs), l'entità a maggioranza serba della
Bosnia-Erzegovina, ha avviato oggi in grande pompa tre giorni di
festeggiamenti per celebrare il 30/mo anniversario della sua
fondazione. Festeggiamenti caratterizzati da rinnovata retorica
nazionalista e ai quali è prevista la partecipazione di alti
rappresentanti della dirigenza di Belgrado. Il 9 gennaio 1992 i
parlamentari di etnia serba, ostili all'indipendenza della
Bosnia-Erzegovina, proclamarono unilateralmente la 'Repubblica
serba di Bosnia', un atto di secessione che pochi mesi dopo
portò allo scoppio di un sanguinoso conflitto armato durato tre
anni e che sconvolse il cuore dell'Europa con un bilancio di 100
mila morti e 2 milioni di profughi. Una guerra fratricida
segnata da crimini orrendi culminati nel genocidio di
Srebrenica, dove nel luglio 1995 ottomila civili musulmani
furono massacrati dalle truppe serbo-bosniache di Ratko Mladic e
Radovan Karadzic, entrambi condannati all'ergastolo dal
Tribunale dell'Aja. L'anniversario della fondazione della
Republika Srpska, che si celebra ogni anno, viene regolarmente
ignorato nella Federazione croato-musulmana, l'altra entità di
cui si compone il Paese balcanico, dove i festeggiamenti vengono
considerati una provocazione, dal momento che la Corte
costituzionale bosniaca, nel novembre 2015, ha dichiarato tale
celebrazione illegittima, anticostituzionale e discriminatoria
dei diritti di croati, bosniaci musulmani (bosgnacchi) e altri
abitanti non serbi residenti nella Rs. Oggi a Banja Luka, il
capoluogo della Republika Srpska addobbata a festa in un mare di
bandiere dell'entità, vi sono state cerimonie ufficiali con la
deposizione di corone di fiori sui monumenti in memoria dei
caduti serbo-bosniaci della guerra di 30 anni fa, presenti il
leader serbo-bosniaco Milorad Dodik (che è membro serbo della
presidenza tripartita bosniaca), la presidente locale Zeljka
Cvijanovic e le altre massime autorità dell'entirà. Da Belgrado
è intervenuto il presidente del parlamento serbo Ivica Dacic,
mentre in serata è in programma una cerimonia rievocativa
ufficiale. Domani vi sarà una sfilata di reparti delle forze di
polizia serbo-bosniache. Dodik, nelle sue tante dichiarazioni
per i 30 anni dalla fondazione dell'entità a maggioranza serba,
è tornato a rivendicare la legittimità della decisione del
parlamento locale, che ha stabilito il mese scorso di restituire
alla Republika Srpska competenze e prerogative in materia di
difesa, giustizia e fisco, competenze a suo dire previste
dall'accordo di pace di Dayton e dalla stessa costituzione
bosniaca, ma che col tempo sarebbero state 'assorbite' dallo
stato centrale bosniaco. Una decisione questa che ha suscitato
grande allarme nella comunità internazionale, che teme lo
spettro di una reale secessione dei serbo-bosniaci e il
possibile scoppio di un nuovo conflitto armato. Christian
Schmidt, l'Alto rappresentante internazionale che ha il compito
di vegliare sull'osservanza dell'accordo di Dayton, non ha
nascosto i timori per una crisi che rappresenta a suo avviso la
più grande minaccia all'integrità e alla esistenza stessa della
Bosnia-Erzegovina dalla fine della guerra. L'accordo di Dayton,
siglato a fine 1995, se pose fine alle ostilità, decretò
tuttavia un nuovo assetto istituzionale del Paese segnato da una
rigida divisione etnica, con le due entità (Republika Srpska e
Federazione croato-musulmana) e tre popoli costitutivi - serbi
ortodossi, croati cattolici e bosgnacchi musulmani. Un assetto
estremamente complesso e macchinoso che ostacola l'adozione di
decisioni e riforme utili al Paese. (ANSA).
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