Si potrebbe dire, per tentare una sintesi estrema, che il potere, più che un'entità astratta o metafisica, "cammina sulle gambe delle persone": "perché chi esercita il potere è prima di tutto uomo o donna, con tutto il suo carico fisico, intellettuale ed emotivo", rileva Rocco D'Ambrosio nel suo "Il potere. Uno spazio inquieto", appena edito da Castelvecchi (pagg. 240, euro 19.50).
Ed è un'analisi approfondita e a 360 gradi sulle "relazioni e dinamiche del potere, dalla famiglia al governo di un Paese" quella che si propone in questo considerevole saggio un attento osservatore della politica e dei suoi sottostrati etici e teorici come don D'Ambrosio: ordinario di Filosofia politica alla facoltà di Filosofia della Pontificia Università Gregoriana, si occupa di formazione sui temi di etica politica collaborando con istituzioni civili ed ecclesiali e presiedendo l'associazione "Cercasi un fine".
Con alle spalle pubblicazioni in varie lingue sulle istituzioni pubbliche, la corruzione, l'educazione politica, i cattolici nella società, e anche sul pontificato di papa Bergoglio ("Ce la farà Francesco'" del 2016-2017 e "Siamo tutti della stessa carne", col giornalista Riccardo Cristiano, del 2020) I presupposti da cui parte il suo lavoro, che vede la luce mentre la pandemia da Covid-19 continua la sua corsa, è che "con la crisi cambiano relazioni, potere, politica, economia, religioni, Europa, mondo globale". Le crisi svelano il meglio di una comunità nazionale, o il peggio. Anche in termini di potere.
E il tentativo di rispondere alle domande fondamentali sul potere non appartiene solo alla ricerca scientifica, ma anche alla vita quotidiana, all'esperienza che ognuno di noi fa nelle varie istituzioni in cui è inserito, da quelle più semplici come la famiglia, o una piccola associazione, a quelle più complesse, come aziende, scuole, università, comunità di credenti, sindacati, partiti politici, strutture burocratiche, organismi nazionali e internazionali.
D'Ambrosio nel suo saggio, che a breve uscirà anche in edizione spagnola, analizza i tanti aspetti antropologici ed etici che stanno alla base di queste dinamiche. In una trattazione ricchissima anche di riferimenti bibliografici, scorrono i rapporti del potere con la religione, le sue perversioni, il suo "volto demoniaco", i suoi simboli. Ma anche le raccomandazioni a livello di competenze, responsabilità, servizio, di rapporti col "dio denaro", con la violenza, in una cornice temporale in cui vale la pena soffermarsi sull'avanzata dei "populismi" e sul loro effettivo atteggiamento verso il "popolo".
Ma perché il potere va definito "uno spazio inquieto"? Ci risponde l'autore: "perché porta con sé l'esercizio della propria fisicità, del proprio intelletto, delle proprie emozioni, che in alcuni casi creano inquietudine, poiché si vuole raggiungere un fine e ci si ritrova deboli e incerti".