(ANSA) - PERUGIA, 05 MAR - E' una fotografia in 'bianco e
nero' quella scattata dalla Camera di commercio dell'Umbria che
in vista dell'8 marzo, Giornata Internazionale della donna, ha
diffuso un focus sul sistema imprenditoriale a guida femminile,
per comprenderne la natura, i punti di forza ma anche quelli di
debolezza.
Il tessuto imprenditoriale italiano vede - si legge in una
nota dell'ente - un'interessante presenza di imprese femminili:
al 4/o trimestre 2020 le aziende attive sono 1.164.683, pari a
circa il 22% del totale. Si tratta di una imprenditoria, a
confronto con quella non femminile, prevalentemente più piccola
di dimensione, più presente nel Mezzogiorno, più giovane,
guardando sia agli imprenditori under 35 sia all'età
dell'impresa.
I settori a maggior presenza di donne sono quelli legati alla
sanità e assistenza sociale, manifattura moda, istruzione e
turismo e cultura, mentre dal punto di vista geografico le
regioni più femminili sono Molise, Basilicata e Abruzzo per il
mezzogiorno, Umbria, Toscana e Marche per il Centro, e Valle
d'Aosta per il nord. Prima del Covid, negli ultimi 5 anni, dal
2014 al 2019, le imprese femminili italiane sono aumentate
maggiormente rispetto a quelle maschili: +2,9% (+38.080 in
valori assoluti) contro +0,3% (+12.704).
Stesso trend in Umbria dove le imprese femminili sono
cresciute per numero più di quelle maschili, ma la pandemia ha
frenato questo dinamismo.
Rispetto alle imprese maschili, quelle femminili dimostrano a
seguito della crisi maggiori problemi di liquidità, di
approvvigionamento delle forniture e di accesso al credito. Per
questo hanno chiesto di accedere alle misure di ristoro più
delle imprese maschili (28% contro il 20%) e chiedono aiuti per
accedere al credito, oltre che supporto per la digitalizzazione.
"Che la crisi economica innescata dalla pandemia colpisca in
Italia soprattutto le donne, è un dato ormai acquisito -
sottolinea il presidente della Camera di commercio dell'Umbria,
Giorgio Mencaroni - gli esperti ci ripetono che tra i lavori più
esposti e a rischio vi sono molte mansioni ricoperte per lo più
da donne, ma anche sulla popolazione femminile ricadono in gran
parte gli effetti collaterali delle nuove modalità di studio dei
figli (la didattica a distanza) e di lavoro (lo smartworking).
Non ci coglie di sorpresa pertanto il dato diffuso da Unincamere
che conferma come anche nel mondo dell'imprenditoria l'impatto
del Covid-19 ha picchiato più duro sulle realtà a guida
femminile".
In Umbria al 31 dicembre 2020 le imprese attive guidate da
donne sono 20.500 su un totale di 79.906 operanti in regione, in
lieve flessione rispetto al 2019 (20.568) e al 2018 (20.677). Il
tasso dell'Umbria si colloca al di sopra della media nazionale
dove il tasso è fermo al 22%. In regione infatti le imprese
femminili registrate pesano per il 24,9%.
Negli ultimi tre anni le imprese femminili - in base al focus
della Camera di commercio - hanno dunque dimostrato un buon
dinamismo, contenendo la riduzione allo 0,9%. Trend trainato in
realtà dalla componente più strutturata del sistema
imprenditoriale, ossia le società di capitali, che nel triennio
in analisi, crescono quasi dell'8% (7,9%), mentre sono in
sofferenze le società di persone (-4%) e le ditte individuali
(-2,2%).
La composizione settoriale non subisce scossoni tra il 2018 e
il 2020. Il settore agricolo rappresenta il primo comparto per
numero di imprese femminili attive, sono 5.442. Secondo comparto
è il settore del commercio al dettaglio e all'ingrosso con 5.098
aziende operanti, 2.136 sono "le altre attività di servizi", che
comprendono le attività di riparazione di beni, di cura alla
persona (tra cui le professioni di parrucchiera, estetista),
1.936 sono le attività legate ai servizi di alloggio e
ristorazione.
Le imprenditrici operanti in Umbria sono al 31 dicembre 2020
sono 37.480 e rappresentano il 31,1% del totale dei capitani
d'impresa (120.247). Oltre la metà di loro ha tra i 50 e i 69
anni, oltre 14 mila hanno tra i 30 e i 49 anni e rappresentano
il 33% di chi fa impresa in questa fasci d'età. Una quota non
irrilevante di imprenditrici, ossia il 31% fra tutti gli
imprenditori attivi in regione, ha oltre 70 anni (5.155 in
valore assoluto).
Tra le due province umbre si registra un andamento opposto.
Nel capoluogo il dinamismo imprenditoriale femminile ha subito
una contrazione piuttosto marcata, infatti tra il 2018 e il 2020
hanno chiuso i battenti oltre 200 aziende in rosa. Si
attestavano a 15.646 nel 2018, mentre il 2020 si è chiuso con
15.445 aziende operanti in provincia di Perugia. In provincia di
Terni si registra invece una sostanziale tenuta (5.031 le
imprese rosa al 31 dicembre 2018 , due anni dopo, nonostante la
pandemia, l'anno si chiude con 5.055 aziende attive sul
territorio). Le aziende che hanno reagito meglio alla crisi sono
state quelle operanti nei servizi di informazione e
comunicazione che sono cresciute a Perugia dell'8%, seguono le
imprese femminili attive nella sanità e nell'assistenza sociale
(+7%). Per quanto riguarda i settori giuridici, in entrambe le
province sono le ditte individuali, la forma di impresa più
diffusa. Imprese scarsamente capitalizzate e meno strutturate. A
Perugia su 15.445 attive, oltre 10mila sono ditte individuali
(10.578), a Terni sono 3.493 su 5.055. Si registra tuttavia nel
triennio, una "incoraggiante" crescita delle società di capitali
in entrambe le province, ma la crescita più marcata è nel
capoluogo che in tre anni guadagna il 7,3% in più di società di
capitali.
"Questa analisi dimostra ancora più chiaramente che ora come
non mai, il tema dell'impresa femminile e del sostegno alla sua
natalità, vada rimesso al centro - - Mencaroni - e su questo
terreno il sistema camerale dispone di diversi asset di azione,
vorrei qui ricordare il network delle Camere di commercio
europee che anche coerentemente agli orientamenti dell'Esecutivo
europeo è in prima fila nella promozione dell'imprenditorialità
femminile e della parità di genere con la creazione di reti, la
realizzazione di programmi di mentoring e training,
l'organizzazione di eventi tematici, noi siamo pronti a fare la
nostra parte". (ANSA).