(ANSA) - PERUGIA, 08 OTT - Il Covid ha rimescolato la
geografia dello sviluppo italiano. Sebbene tutte le province
abbiano chiuso il 2020 con il segno meno davanti al dato sul
valore aggiunto, a soffrire di più sono stati: il nord - 7,4%,
le aree a maggiore vocazione industriale -7,9% (in particolare
dove insistono i sistemi della moda e della cultura), quelle a
più elevata presenza di piccole imprese -7,5% contro una media
nazionale del -7,1%. Sul fronte opposto, pur in un contesto di
generale contrazione, migliore capacità di resilienza hanno
mostrato, non senza sorpresa, le province del sud (- 6,4%) - con
8 province su 10 che mostrano riduzioni più contenute, in
particolare dove c'è una concentrazione più alta di imprese che
investono nel Green o che sono caratterizzate da una forte
importanza della Blue economy. E con una più elevata incidenza
della pubblica amministrazione. E' quanto emerge dall'analisi
realizzata dal centro studi Tagliacarne e Unioncamere sul valore
aggiunto provinciale del 2020 e i confronti con il 2019,
illustrata da Andrea Prete, presidente nazionale di Uniocamere e
da Giorgio Mencaroni, vice presidente di Unioncamere e
presidente della Camera di commercio dell'Umbria.
"L'effetto Covid non ha risparmiato alcuna provincia italiana,
ma senza la tenacia delle nostre imprese, unita ai provvedimenti
del governo, le perdite del valore aggiunto che abbiamo
registrato sarebbero state ben più importanti. E anche il
sistema camerale con le iniziative messe in atto, ha certamente
contribuito a contenere i danni causati dal lockdown, restando
vicino alle imprese e ai territori" ha Prete.
Dall'analisi del centro studi Tagliacarne e Unioncamere sul
Valore aggiunto: a Roma e Milano si produce il 19,7% dell'intera
ricchezza del Paese (+2 punti percentuali rispetto al 2000), con
le prime 20 province in cui si concentra il 55,4% di tutta la
ricchezza prodotta.
"Se Milano si conferma prima nella graduatoria delle 107
province italiane con un valore aggiunto pro-capite di 47.945,00
euro all'anno - evidenzia il presidente della Camera di
commercio dell'Umbria, che riferisce le sue parole in una nota -
la provincia di Perugia si colloca al 52/o posto (valore
aggiunto di 23.084,00 euro l'anno e Terni al 60/o, 21.638,00
euro medi annui). "Il divario che ci separa dal top è enorme. In
termini assoluti Milano realizza un valore aggiunto pro capite
più che doppio rispetto a Perugia e Terni (47.000,00 contro 23 e
21mila). In compenso però siamo abbastanza vicini alla media
nazionale di 25.058,00 euro annui" rileva ancora Mencaroni.
Componendo i dati di Perugia e Terni sul valore aggiunto: il
valore aggiunto dell'Umbria e delle province di Perugia e Terni,
2020 su 2019: - 6,6% Perugia, - 6,5% Terni. L'Umbria a - 6,6%.
Come "ampiamente previsto", flessioni "molto dure" nell'anno
Covid 2020.
L'Umbria e province di Perugia e Terni tuttavia, fanno meglio
della media nazionale, scesa fino a - 7,1%.
Positivo viene definito il raffronto con il resto del centro
Italia, che nel suo complesso vede un taglio del valore aggiunto
2020, pari a - 7,3%, lo 0,7% più in basso di quello umbro
(-6,6%).
La situazione nel Centro Italia: Lazio - 6,3%, Umbria - 6,6%,
Toscana - 8,3%, Marche - 9,4%.
Tra le province del centro, Perugia e Terni si collocano tra
Viterbo, la migliore con -1,7% e Macerata la peggiore - 12,5%.
Su scala nazionale, più penalizzati i territori industriali di
piccola impresa. Le economie territoriali a più alta presenza di
imprese con meno di 50 addetti, che sono la dorsale del sistema
Paese, hanno registrato le perdite più consistenti di reddito
prodotto, -7,5% fra il 2019 e il 2020.
L'economia blu e verde si sono rilevate armi importanti in
diversi territori per limitare i danni della pandemia sulla
ricchezza prodotta. Sei province su dieci con la quota maggiore
di imprese che hanno fatto investimenti green nel periodo
2016-2020 hanno retto meglio della media nazionale. (ANSA).