Per insegnare in una scuola aveva
dichiarato di possedere l'abilitazione a poterlo fare in
matematica. Titolo che, come poi accertato dall'Ufficio
scolastico regionale, non aveva ottenuto visto che dopo aver
superato gli scritti era stata bocciata agli orali. I giudici
della Corte dei Conti d'appello presieduti da Giuseppe Aloisio
hanno condannato Francesca Aiello di Siracusa a restituire allo
Stato 67mila euro per arricchimento doloso.
"La falsità ideologica dell'autocertificazione prodotta dalla
dottoressa Aiello è fuori discussione, - si legge nella sentenza
- atteso che la mancanza del titolo abilitativo è stata
accertata dall'Ufficio scolastico regionale, rilevata dal
pubblico ministero penale, nonostante la richiesta di
archiviazione, nonché riconosciuta dalla stessa Aiello che, come
si legge nella sentenza di primo grado, 'ha ammesso di non aver
mai superato la prova orale del concorso per l'abilitazione'".
Secondo i giudici contabili la sentenza va riconfermata perché
"l'elemento psicologico del dolo deve ravvisarsi nella cosciente
e voluta predisposizione ed utilizzazione di autodichiarazioni
attestanti una circostanza falsa", mentre appare inverosimile
l'affermazione dell'appellante secondo la quale "molti esponenti
di piccoli sindacati si recavano nelle scuole private offrendosi
di realizzare la compilazione della modulistica a fronte del
versamento di una quota d'adesione sindacale. Così, la
professoressa Aiello ha visto la propria domanda compilata da
terzi e l'ha unicamente sottoscritta, seppur con leggerezza". Ma
la compilazione della domanda con "leggerezza" nulla a che a
fare "con le formalità successive - continuano i giudici - ed è
impensabile che tutti questi passaggi siano stati messi in atto
senza piena consapevolezza e volontarietà da parte
dell'insegnante. A ciò si aggiunga che alcune informazioni
dettagliate contenute dall'istanza di inserimento in graduatoria
non potevano essere conosciute da un non meglio identificato
compilatore, diverso dalla diretta interessata".
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