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Oliviero Toscani, i miei 80 anni a colori

Oliviero Toscani, i miei 80 anni a colori

Un libro e mille progetti.La guerra in Ucraina? La seguo da casa

ROMA, 26 febbraio 2022, 20:09

(di Silvia Lambertucci)

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OLIVIERO TOSCANI, 80 ANNI PIENI DI FUTURO - RIPRODUZIONE RISERVATA

OLIVIERO TOSCANI, 80 ANNI PIENI DI FUTURO - RIPRODUZIONE RISERVATA
OLIVIERO TOSCANI, 80 ANNI PIENI DI FUTURO - RIPRODUZIONE RISERVATA

Ha rivoluzionato il mondo della fotografia, ha scandalizzato e fatto discutere. Dai jeans di 'Chi mi ama mi segua' al bacio tra un prete e una suora, dai volti dei condannati a morte al corpo di una donna consumata dall'anoressia, tutte le sue campagne hanno lasciato il segno e scatenato polemiche. In sessant'anni di carriera Oliviero Toscani- che il 28 febbraio ne compie 80- ha lavorato in ogni luogo del mondo e per tutte le riviste più importanti. Migliaia di ritratti, milioni di immagini, una più celebrata dell'altra.
    Eppure se gli chiedi quale sceglierebbe di portarsi appresso, da quale dei suoi tanti e acclamati lavori si senta più rappresentato, la sua risposta è immediata e fulminante: "sceglierei il ritratto di una persona sconosciuta", dice, "una faccia con l'intensità di ciò che ho sempre cercato". Una parola dopo l'altra, mentre intorno a lui si affollano le voci e i rumori soffusi di un treno che va, due concetti sembrano continuamente ricorrere, la curiosità verso tutto ciò che è nuovo e insieme la ricerca di profondità, di uno sguardo che dia il senso al tutto. C'è il passato, con storie di vita e avventure di tutti i colori, per dirla col titolo del suo ultimo gustosissimo libro ("Ne ho fatte di tutti i colori". La Nave di Teseo pp.247 euro 18.00) ma c'è ancora un presente super impegnato. E tanta, feroce voglia di futuro: "Spero di avere la forza di capire quello che ancora non ho capito", ti dice mentre ammette che età e compleanni, ahimè, sono una bella scocciatura.
    L'agenda d'altronde è quella di un cinquantenne in carriera: mentre risponde all'ANSA è di ritorno da un intervento alla Leopolda, il 4 e il 5 marzo sarà a Milano per l'omaggio della Triennale, ha in cantiere un progetto nella sua Toscana con Marina Abramovich, l'amico Carlo Verdelli l'ha assoldato per il settimanale Oggi. E tutto questo mentre ad aprile in Germania va in mostra uno dei suoi ultimi lavori, un collage di ritratti presi dalla strada che, giura, ci "farà cambiare la percezione che abbiamo dei tedeschi". Altro che biondi con gli occhi azzurri, anticipa, il risultato di quel su e giù per le strade tedesche, "800 ritratti in dieci giorni, tutti fatti da me senza assistenti" è il racconto di un paese ormai multietnico, anzi, "un inno all'immigrazione". In pratica uno sguardo sul mondo che vorrebbe, quello che ci trascinava a immaginare fin dai tempi di Fabrica con i Benetton e di Colors, la rivista che anticipò l'impegno su tanti temi oggi attuali, dall'ambiente ai migranti, il razzismo: "finché non ci sarà una libera circolazione delle genti non saremo civili", tuona appassionato pensando a tutta la strada che c'è ancora da fare, al mondo "che diventa sempre più elitario con i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri". Fino all'Ucraina e all'orrore di una guerra che lo angoscia e lo preoccupa, che ne scatena la rabbia ("tutti preoccupati solo del prezzo della benzina che cresce, ma è possibile?") ma che forse è l'unica cosa che oggi non avrebbe voglia di andare a raccontare: "fare il fotografo di guerra in modo creativo non è più possibile", sbotta, "non devi più inventare niente". Eppure il legame tra fotografia e storia è strettissimo, ti fa notare impetuoso, perché la fotografia oggi può essere arte "ben più delle tante opere del contemporaneo che affollano le gallerie". Ma di più, incalza, "E' la memoria storica del mondo". E se fosse stata inventata prima tante cose sarebbero andate diversamente, i racconti sarebbero stati altri: "Ma te lo immagini un reportage fotografico delle crociate? O delle imprese di Garibaldi? " . Per lui di certo più che un mestiere un mezzo per dare voce al suo occhio creativo. "C'è chi lo fa con la musica, chi con la pittura, io l'ho fatto con le foto perché mio padre era un fotografo". Con il rigore di una super scuola alle spalle, però, come racconta nel libro, il salto nel buio di un ventenne determinato che pur di farsi prendere nell'accademia di Arti e Mestieri di Zurigo, quasi una Bauhaus svizzera, si lancia a sostenere un esame in tedesco senza capirne una parola. Di fatto uno dei tanti azzardi riusciti di una vita che a ripensarla ora è stata un fuoco di artificio di idee fulminanti e di successi, di incontri eccezionali (nel suo carnet dei ricordi c'è di tutto, da John Lennon ad Andy Warhol, da Muhammad Ali a Lou Reed passando per un giovanissimo Berlusconi) ma pure di genuino stupore e di entusiasmi mai sopiti. Dalla prima scoperta delle immagini dipinte, ancora bimbetto in una chiesa di Clusone, fino ai lavori per la moda che gli piaceva raccontare sì, ma sempre guardando a modelle e vestiti come a un fenomeno sociale. Poi anche la moda è cambiata, l'interesse è venuto forse un po' meno, altri progetti hanno avuto il sopravvento. "Eppure da Elle mi chiamano ancora". Il segreto? Una volta di più, manco a dirlo, quell'incessante ricerca di novità: "Cerco facce nuove, persone con un entusiasmo negli occhi, pretendo che non abbiano trucco, il bello è un'altra cosa". E il futuro? Se fosse un'immagine, il futuro, che foto sarebbe? Toscani per una volta tace. Quando alla fine risponde, ha il tono affievolito di chi sta facendo altro, magari sta proprio guardando davanti a sé: "L'immagine del futuro, dice? Chissà, penso al cosmo, all'universo, le stelle..Quando capiremo tutto questo, ecco, sarà il futuro".
   

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