di Marzia Apice
WALTER VELTRONI, TANA LIBERA TUTTI.
SAMI MODIANO, IL BAMBINO CHE TORNO' DA AUSCHWITZ" (Feltrinelli,
pp.160, 13 euro). "E' tutta la vita che mi preparo per questo
libro": non ci si mette molto a capire che per Walter Veltroni,
autore di "Tana libera tutti. Sami Modiano, il bambino che tornò
da Auschwitz" (Feltrinelli, pp.160, 13 euro; dal 21 gennaio in
libreria), tornare indietro negli anni bui del nazismo e
raccontarne la ferocia attraverso la terribile storia di una
delle persone a lui più care è una scelta etica, ma anche una
questione personale. Lo si capisce dalla passione con cui ne
scrive e dalla delicatezza, caratteristiche utili quando si
cerca di arrivare a intercettare mente e cuore di un pubblico di
ragazzi, a cui questo libro si rivolge. "Tana libera tutti"
ripercorre in modo dettagliato la vita di Samuel (detto Sami)
Modiano, 90 anni compiuti il 18 luglio scorso, che da ragazzino,
nel 1944, fu internato con il papà Jacob e la sorella Lucia nel
campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Riuscì, unico della
sua famiglia, a sopravvivere all'orrore e poi, da adulto, ha
scelto di farsi "memoria", con la sua stessa vita e il suo corpo
marchiato con il numero B7456. Veltroni si mette nei suoi panni,
rispettando quell'ingenua incredulità e quel dolore che Sami
provò da giovanissimo, subendo soprusi inspiegabili, per il solo
fatto di essere ebreo. Soprusi che per lui iniziarono già quando
a 8 anni fu espulso da scuola, smettendo in quel momento di
essere "un bambino che guardava al futuro" e diventando, in
quanto ebreo, nella logica malata del nazismo "solo un rifiuto
da rimuovere. Un errore da cancellare". "Ho scelto lo stesso
linguaggio di Sami, io con lui sono stato tante volte. E' sempre
stata la sua dolcezza a colpirmi", afferma Veltroni intervistato
dall'ANSA, "per quello che gli è successo, lui avrebbe tutto il
diritto di odiare, invece è la persona più dolce, inclusiva,
comprensiva che abbia mai conosciuto nella mia vita. Io gli
voglio bene, è un esempio di come si può stare al mondo, con la
forza di trasformare l'odio in amore".
Nel libro il racconto procede con semplicità, ma viene riportato
anche lo stralcio di uno degli atti ufficiali dell'intolleranza
omicida, "Il manifesto della razza" del 1938. "Raccontare la
storia così dura di un ragazzo ad altri ragazzi non è facile.
Una vicenda di questo tipo, che fa vedere dove l'uomo può essere
capace di arrivare, rischia di creare paura. Per questo ho
cercato di rispettare due esigenze: da un lato raccontare la
storia di Sami, dall'altro provare a offrire anche un quadro
complessivo di cosa stava accadendo", spiega l'autore. Aveva
l'urgenza di trattare un tema difficile come la Shoah? "Sì, da
sempre ho l'ossessione di quel tempo della storia, se viene a
casa mia vede che è tappezzata di libri su questo periodo, nel
tentativo disperato di capire quello che è accaduto a tanti
esseri umani, a tanti bambini come Sami - afferma - Non riesco a
comprendere come delle persone che hanno causato un orrore di
quella portata, poi abbiano potuto tornare a casa e magari
accarezzare i loro bambini. Mi chiedo come sia potuto accadere e
cercherò di capirlo fino a che avrò luce negli occhi. E' tutta
la vita che mi preparo per questo libro". "Tana libera tutti"
racconta anche di quel primo viaggio fatto nel 2005 da Sami
Modiano ad Auschwitz, insieme a lei che era sindaco di Roma. C'è
un'immagine che le è rimasta impressa? "Ce ne sono due. La
prima, quando Sami è entrato nel luogo in cui lo hanno marchiato
e si è sentito male", racconta, "la seconda si riferisce alla
prima notte del nostro viaggio al lager. Quella sera c'era un
incontro con i ragazzi, organizzato per rispondere alle loro
domande. Ricordo Sami che stava lì su una sedia a parlare con
loro, era l'una di notte e non volava una mosca". Veltroni
ricorda anche il ruolo di Piero Terracina (che con Modiano
condivise l'esperienza del campo, amico fraterno ritrovato
quando ormai entrambi erano anziani), scomparso nel 2019, con il
quale convinse Modiano a intraprendere il viaggio ad Auschwitz:
"io e Piero gli eravamo accanto: entrambi eravamo convinti che
sarebbe stato utile per lui", dice, "quel viaggio ha dato una
scossa alla sua vita. Sami mi ha detto di aver capito perché era
sopravvissuto proprio dalla reazione di quei ragazzi alle sue
parole". Crede che difendere la memoria di ciò che è stato possa
servire oggi anche a trovare il modo di affrontare questioni
contemporanee complesse come le tragedie, per mare e per terra,
che i migranti sono costretti a vivere nell'indifferenza
generale? "Credo che nulla sia paragonabile con la Shoah, la
macchina di sterminio più spietata che l'umanità abbia mai
conosciuto, uno strumento concepito per annientare. Il tema è
però chiedersi come si arriva a una storia come quella di Sami.
La sua vicenda nasce dall'odio, con delle parole pronunciate da
un potere assoluto che, con una campagna fatta di toni roboanti
e invenzioni, indica che qualcuno non ha diritto di vivere.
Quelli come Sami Modiano sono andati a letto bambini e una sera
dopo erano ebrei: non erano più esseri umani, dovevano essere
sterminati in ragione della loro identità considerata un
ostacolo", spiega, "la questione dei migranti rimanda al piano
culturale, umano, etico, ha anche aspetti politici ma parte
comunque dall'idea di non tollerare chi è diverso. Trasmettere
oggi la memoria e ragionare sui fatti serve a contrastare
l'odio: se si accetta l'altro da sé allora si protegge la
democrazia". Come ha reagito Sami Modiano al suo libro? "Ne è
molto contento e io sono contento della sua contentezza".
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