(di Paolo Petroni)
Charles Dickens visse nemmeno 58
anni, dal 1812 al 1870, ma avendo cominciato molto giovane, a 20
anni, e avendo raggiunto il gran successo a 24 con 'Il circolo
Pickwick', ha lasciato una gran mole di lavoro, una quindicina
di grandi romanzi, una ventina di raccolte di racconti, cronache
e diari di viaggio e altro ancora. L'edizione dell'Opera omnia
inglese comprende 20 grandi volumi, ma la cosa non ha spaventato
Paolo Cioni con la sua casa editrice Mattioli 1835 (nata a
Fidenza 137 anni fa) e nemmeno il curatore e traduttore Livio
Crescenzi che, in occasione dell'uscita de 'Il circolo Pickwick'
(pp. 664 - 24,00 euro), hanno annunciato la prima traduzione
integrale in italiano di tutti i 15 romanzi dello scrittore
inglese, alcuni inediti in italiano, mentre già portano avanti
una ricca riscoperta di Mark Twain e Crescenzi è stato lodato
nel 2021 per la sua sfida di tradurre 'Ulisse' di Joyce.
"Bisogna tener conto che ancora oggi l''Oliver Twist' di
Einaudi si avvale della traduzione di Silvio Spaventa-Filippi
che ha più di un secolo, essendo del 1919 e, per giunta, scritta
in un forbitissimo italiano letterario e fiorito, quanto di meno
dickensiano si possa immaginare", sottolinea Crescenzi. Infatti,
fin dagli inizi giornalistici, riuniti in tre volumi, che
Mattioli ha pubblicato in un cofanetto intitolato 'La trilogia
di Londra', Dickens mostra una ricchezza verbale che gli
permette di presentare in modo realistico la vita londinese nei
suoi più diversi aspetti, con vena già narrativa nell'esplorare
la miseria più squallida come nel porre attenzione nella
vitalità e rozzezza del nascente mondo piccolo borghese.
"Per me il progetto e l'impegno sono stati cercare di
togliergli vecchie polveri e parrucche di traduzioni datate e
molte incomplete, e riscriverlo varie volte per arrivare a
restituire la sua prosa, forte di mille diversi registri
espressivi nel rappresentare un mondo che i suoi lettori comuni
potessero riconoscere", racconta il traduttore. E aggiunge: "La
sua, spesso ironica, ricerca espressiva prende via via toni sia
alti sia popolari, rispecchiando i personaggi, e stupisce con
trovate come, per esempio, scrivere una sorta di radiocronaca in
diretta di una partita di cricket, di cui ho dovuto studiarmi le
regole per poter riprodurre vivacità e forza di quelle pagine".
A coinvolgere i lettore è poi "il gioco farsesco del suo
raccontare basandosi su equivoci e stravaganze dei suoi
personaggi, ognuno ben caratterizzato anche nel suo parlare, per
questo io mi sento di sostenere che Joyce deve molto a Dickens.
E c'è anche l'uso del flusso di coscienza in certe pagine come
quelle de 'La signora Lirriper' o del dottor Marigold in 'La
spiegazione di George Silverman', scritte 60 anni prima di
'Ulisse' e del finale col monologare di Molly. Un parlare a
ruota libera che ebbe un tale successo che Dickens fu costretto
poi a riprendere quei modi e quei personaggi".
'Il circolo Pickwick' racconta le avventure di un gioviale
signore di benestante di mezza età, Pickwick appunto, che con
alcuni amici del suo circolo decide di intraprendere un viaggio
per scoprire la campagna inglese: si caccerà con loro in un mare
di avventure e guai, da quando vengono raggirati dal truffatore
Jingle a quando incontrano la famiglia Wardle. Quindi si imbatte
in Sam Weller, che diverrà il suo servitore e il coprotagonista,
dando a questo romanzo dall'andamento picaresco nuovo vigore.
Non a caso Mario Praz scrisse che "Dickens ripete, pur se in
minor misura, il miracolo di Cervantes di presentare due
caratteri comici che trascendono per significato umano i limiti
di una bizzarra eccentricità". Un romanzo giovanile che anche
oggi non ha perso nulla del suo humour, con i suoi tanti
personaggi comici e vitali, e capace di anticipare i temi e le
atmosfere dei lavori più maturi, da 'David Copperfield' a 'Casa
desolata', da 'Tempi difficili' a 'Grandi Speranze'.
Uscito in fascicoli mensili a partire dal 1836 in 400 copie,
arrivò dal quindicesimo numero in poi a 40 mila, restando un
fatto memorabile nella storia dell'editoria e un po' l'inizio
della sua trasformazione industriale. "Si dice che vecchi e
giovani, il giorno dell'uscita di una nuova puntata, andavano
incontro al portalettere percorrendo a piedi anche due o tre
miglia di strada - racconta Crescenzi - E persino gli
analfabeti, si legge, provvedevano a mettere da parte qualche
centesimo per poter pagare da bere a chi gli leggesse l'ultima
puntata". Un successo che si ripeterà più volte se ci sono
testimonianze che dopo l'uscita di 'Oliver Twist', storia di un
orfano che condurrà una vita miserabile, la gente lasciava più
soldi a chi chiedeva l'elemosina e il governo si trovò costretto
a migliorare le condizioni di orfanatrofi e ricoveri per i
poveri.
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