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Short Cuts, due anni e 12 storie per raccontare il cinema

Short Cuts, due anni e 12 storie per raccontare il cinema

Da Crespi, incontri e il 'dietro le quinte' di grandi film

ROMA, 10 maggio 2022, 14:52

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(di Francesco Gallo) ALBERTO CRESPI - SHORT CUTS, IL CINEMA IN 12 STORIE (EDITORI LATERZA, pp.416 - 24,00 euro).
    Un critico cinematografico che racconta i fatti, la cronaca, è un po' come un pittore che parla della sua tavolozza. È quello che fa Alberto Crespi in Short cuts. il cinema in 12 storie. Ma nessuna vera redutio in questa 'scorciatoia'. Anzi. Se il cinema è luogo dell'immaginazione per eccellenza, il dietro le quinte da cui nasce, e che Crespi racconta, spesso lo supera cento volte.
    "Tra il 1959 e il 1960 - dice il critico conduttore di Hollywood Party su Radio 3 nella sua prefazione - il cinema è nel mezzo del suo cammino. Per uno strano scherzo del destino, in quei 24 mesi viene girata ed esce nelle sale una incredibile serie di film destinati a segnare per sempre la storia della settima arte: da UN DOLLARO D'ONORE di Hawks, trionfo del cinema americano, a FINO ALL'ULTIMO RESPIRO di Godard, che segna la nascita della Nouvelle Vague; da LA DOLCE VITA di Fellini a LA GRANDE GUERRA di Monicelli; da PSYCO di Hitchcock a I MAGNIFICI SETTE; da L'APPARTAMENTO di Billy Wilder a LA BELLA ADDORMENTATA NEL BOSCO della Disney. Questi film sono poi l'occasione per partire per altri viaggi, lungo percorsi che vanno all'indietro fino ai Lumière, e anche prima, e in avanti fino all'oggi, ai tempi delle piattaforme, della serialità, di un modo inedito e rivoluzionario di farsi raccontare storie attraverso le immagini. Non pensate però a un saggio di critica cinematografica bensì a un vorticoso e appassionante racconto di 'dietro le quinte' di grandi film, di incontri personali, di ritratti dei personaggi che hanno immaginato e realizzato queste pellicole con la loro genialità, le loro debolezze, i loro sogni e le loro follie" .
    Curiosità in questa storia del cinema? "Una su tutte. La commedia all'italiana è stata fatta da grandi intellettuali come Risi, Monicelli e Scola mentre il neorealismo da personaggi più semplici tra virgolette. Roberto Rossellini era un uomo a cui interessavano solo le belle donne e le auto da corsa, Vittorio De Sica veniva dalle tavole dei palcoscenici popolari e umili.
    Certo, in controtendenza, c'era anche Luchino Visconti che era un nobile, un motivo in più per far capire come il cinema italiano abbia avuto una complessità e una ricchezza notevoli.
    C'è una tipicità, un carattere proprio al cinema italiano? "Sì. Quello di essere incredibilmente legato a raccontare, quasi in presa diretta, la storia, la cronaca e il costume del nostro paese. Uno potrebbe dire che questo è vero anche per altri cinema, ma non in maniera così profonda. Nel cinema americano, ad esempio, c'è il western come elemento portante, ma questo genere è una ricostruzione leggendaria che porta avanti una misura artefatta. In Italia invece emerge la nostra storia in maniera molto forte e sincera".
    Incontri importanti? "Ho un bellissimo rapporto con Marco Bellocchio a cui voglio un bene dell'anima. Mi ha sempre colpito il fatto che uno come lui, nato iconoclasta e poi permeato dalla psicanalisi di Fagioli, sia alla fine diventato una sorta di saggio zen. La stessa saggezza e tenerezza che mi suscitava Ermanno Olmi".
    E Fellini? "Ho avuto con lui una sorta di imprinting. Avevo solo ventidue anni quando gli sono stato presentato dall'allora nostro critico dell'Unità, Ugo Casiraghi. Io gli diedi del Lei e lui mi disse subito: "Dammi del tu e soprattutto non chiamarmi maestro".
    Futuro del cinema? "Va detto che il cinema fino agli anni Settanta era sicuramente l'arte più importante in assoluto, oggi temo non sia più cosi. Ora lo vedi dappertutto, c'è un'immensa proliferazione di immagini, tantissimo cinema, ma allo stesso tempo una perdita della sua centralità. Si è come persa la bussola".
    Prossimo lavoro? "Sto pensando a un libro su John Ford - conclude Crespi direttore della rivista Bianco & nero -. Anche questa volta non un lavoro critico, ma solo la mia lunga storia d'amore con questo regista".
   

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