"Sono felice di tornare in
Sardegna, una terra a cui mi legano le mie origini teatrali. Nel
'74 ho debuttato con una drammatizzazione delle 'Lettere dal
Carcere' di Antonio Gramsci, una figura straordinaria, un
politico ma soprattutto un intellettuale e un filosofo che con
grande lealtà e coerenza personale ha seguito una sua linea".
Giorgio Colangeli, protagonista de "L'uomo, la bestia e la
virtù" di Luigi Pirandello - in prima regionale per la stagione
di prosa del Cedac il 21 e 22 ottobre al Teatro Civico di
Alghero, il 23 al Teatro Tonio Dei di Lanusei e il 24 al
Comunale di San Gavino Monreale, sempre alle 21 - racconta
all'ANSA la sua prima volta sul palcoscenico e il suo grande
amore per il teatro.
L'artista romano interpreta il "trasparente" professor
Paolino, uomo integerrimo e di elevati ideali, innamoratosi suo
malgrado di una donna sposata, trascurata dal marito: per
salvare la "virtù" dell'amata ed evitare lo scandalo si inventa
uno stratagemma, così da indurre lo sposo fedifrago a ricordarsi
i propri doveri coniugali e dare una paternità al nascituro. "Ma
l'inganno di Paolino non ha nulla di squallido o utilitaristico,
lui è un ipocrita metafisico, quasi epico", sottolinea
Colangeli. "La commedia di Pirandello, scritta 101 anni fa,
affronta un tema attualissimo - spiega l'attore - l'attenzione
alla propria immagine, amplificata dall'uso dei social, in cui
ognuno cerca di apparire migliore di quel che non sia in realtà.
Ma poi nasce il problema di nascondere questo scarto e infatti
molti temono di incontrare realmente gli altri, preferiscono
rifugiarsi nelle relazioni virtuali".
Il dilemma del professore ha affascinato l'attore romano. "Mi
sono molto divertito a interpretare questo personaggio, con cui
un po' mi identifico: anch'io ho fatto l'insegnante, e quando ho
iniziato a fare teatro negli anni '70 si pensava che l'artista
avesse una sua idea da comunicare, per cui era importante essere
all'altezza dei propri principi".
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