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Le amazzoni di Manuela Piemonte

Le amazzoni di Manuela Piemonte

L'intensa storia di tre piccole donne negli anni del Fascismo

ROMA, 24 febbraio 2021, 10:09

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(di Marzia Apice) MANUELA PIEMONTE, LE AMAZZONI (Rizzoli, pp.400, 18 euro). Sarebbero dovuti andare incontro alla "promessa di un'estate di bellezza", invece vissero un incubo durato anni, ancora bambini, separati dalle proprie famiglie, lasciati soli, con le teste rasate, ammassati gli uni addosso agli altri, sempre puniti se disobbedienti, in una colonia da cui era bandita ogni tenerezza. Ai circa 13000 figli dei coloni libici mandati in Italia dal regime di Mussolini a conoscere la patria e a diventare bravi fascisti, poi rimasti bloccati sul suolo italico in seguito alla dichiarazione di guerra a Francia e Regno Unito nel 1940, Manuela Piemonte dedica il suo romanzo d'esordio "Le amazzoni", in libreria con Rizzoli dal 16 febbraio.
    Grazia, sensibilità, una storia potente declinata al femminile con diversi personaggi ben delineati e un registro narrativo avvolgente caratterizzano un libro in cui Piemonte fa luce su una delle tante pagine buie, e poco conosciute, degli anni del Fascismo e della Seconda Guerra Mondiale. Lo sguardo dell'autrice, che mescola efficacemente la finzione alla realtà storica, si posa su tre sorelle, protagoniste del romanzo: Sara, la maggiore di 9 anni, Angela, 7 anni, e Margherita, la più piccola di 5 anni. Le bambine, mano nella mano, si imbarcano dalla Libia, la cosiddetta "Quarta sponda" verso l'Italia e lasciano lì la mamma e il papà: la loro destinazione sarà una colonia in Toscana, a Marina di Massa, allestita nell'ex Torre Fiat, un luogo spartano reso ancora più inospitale e freddo dalle "vigilatrici" chiamate a "educare" le piccole ospiti. Sara e Angela custodiscono però un segreto che le rende forse più forti delle compagne che incontrano: poche ore prima di lasciare la Libia, avevano avuto l'occasione di vedere nell'oscurità notturna una donna berbera a cavallo, libera e coraggiosa, dall'incedere fiero, lanciata come una vera e propria "amazzone" in fuga verso l'orizzonte. Contro quella "guerriera" era stato spiccato un mandato di cattura, ma Sara e Angela non avevano rivelato a nessuno di averla vista quella notte. A quell'immagine esaltante e rivelatrice, custodita nel cuore e nella mente, al pensiero di quella donna divenuta un modello di forza, le due bambine si aggrapperanno quando la colonia in Toscana si rivelerà più di una brutta vacanza, ma una infinita prigionia che le terrà lontane dai genitori per lunghi anni, pieni di difficoltà.
    Come una presenza nascosta ma partecipe, l'autrice racconta con una prospettiva a misura di bambino una vicenda che tocca nel profondo: senza retorica, sulle pagine si snoda il destino sospeso e terribile toccato in sorte alle tre sorelle e a tanti altri piccoli sfortunati come loro che, lacrime contro lacrime, sogni contro sogni, tra urla soffocate e scatti di ribellione, e anche con qualche guizzo di ingegno per sopravvivere, hanno vissuto da "organizzati" (così venivano chiamati) in quei luoghi di indottrinamento cieco e violento. Piemonte si sofferma sull'infanzia interrotta, la frustrazione, la solitudine, il senso di abbandono: accompagna le sue protagoniste, le vede crescere e trasformarsi, e rivela la forza della loro "sorellanza". Accanto alla disperazione, l'autrice racconta però anche la speranza, incarnata non solo dalla forza e dalla capacità di resistere delle tre giovani protagoniste, ma anche di quelle donne, coraggiose, guerriere a loro modo e in qualche modo salvifiche, che le bambine incontrano lungo il loro difficile cammino.
   

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