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In carcere boxe che domina i demoni

Libri

In carcere boxe che domina i demoni

'Pugni chiusi' da Bollate a romanzo Pozzi su uomo e la sua ombra

MILANO, 26 maggio 2021, 09:25

di Gioia Giudici

ANSACheck

Per essere chiari di Antiniska Pozzi - RIPRODUZIONE RISERVATA

Per essere chiari di Antiniska Pozzi - RIPRODUZIONE RISERVATA
Per essere chiari di Antiniska Pozzi - RIPRODUZIONE RISERVATA

 ANTINISKA POZZI - PER ESSERE CHIARI (Editore Milieu, collana Banditi senza tempo, 2021, 144 p., 15.90 euro).
    "Non è il pugilato in sé, come disciplina, che ti salva, è il tuo percorso di uomo nella boxe" perché "per mezzo di quella fatica puoi riuscire così a dominare i demoni". Poteva essere un romanzo sulla boxe, è un saggio sull'ombra, sul corpo a corpo dell'uomo con se stesso, 'Per essere chiari', libro dove Antiniska Pozzi racconta la storia di Mirko Chiari, pugile che ha portato la nobile arte tra le mura del carcere, per restituire ad altri ciò che la boxe gli ha dato e per accettare "la sfida di saper essere fondamentale per qualcuno, oltre che per me stesso".
    Con il progetto 'Pugni chiusi', Mirko dal 2016 lavora come volontario al carcere di Bollate, coinvolgendo i detenuti in un corso che, chiarisce il romanzo, è più un percorso, e accomuna chi viene da fuori e chi vive dentro. E dentro è stato anche Mirko, a 19 anni, un paio di giorni a San Vittore, per un motorino rubato. E' lì che il narcotrafficante Pino gli ha spiegato che "tutti abbiamo un tempo e se siamo abbastanza fortunati possiamo deciderne cosa farne. La scelta non è sempre serena, perché dobbiamo condividerla con la bestia che ci abita.
    Quello che puoi fare è capire come tenere a bada la tua, e se c'è un altro modo per nutrirla rispetto a quello che hai trovato fino a oggi, un modo che non ti porti al gabbio". E Mirko decide: chiude con i furti, inizia a lavorare, entra in palestra. Affronta 104 incontri, incontra maestri veri e non, compagni di allenamento che diventano amici, sfida il dolore per la gioia di "esserci, averci provato". "Ogni incontro, ogni allenamento, ha scavato fiumi carsici, ha eroso cime - si legge nel romanzo - smussato angoli, creato spazi che non c'erano e cancellato zone che non avevano più senso di esistere". Finché "ho capito che non era più il mio pugilato al mio servizio, ero io che sentivo di dover essere al servizio del pugilato". Ed è così che, nel 2016 Mirko entra nel carcere di Bollate. Farsi accettare non è subito facile, ma capisce che la via è una sola: "bisognava picchiare e farsi picchiare", per non essere più quello che viene da fuori ma quello che sa stare dentro. E non erano solo i detenuti ad avere delle resistenze: anche lui temeva che faticassero a picchiarsi attraverso delle regole. E invece no, perché "nel pugilato ci sono poche regole e ben chiare, è difficile sottrarsi". E allora si arriva alla vera lezione della boxe perché "combattere senza rifiutarsi di fuggire il dolore non è naturale. Ne consegue una dimensione di rispetto, nei confronti di se stessi prima che in quelli degli altri intorno". Un "riaggiustamento continuo delle coordinate del proprio essere" grazie al quale si piò prendere "il male del corpo, il male dello spirito, e trasformarlo in uno scopo", come fanno i detenuti le cui vicende fuori e dentro le mura del carcere si intrecciano con quelle del loro maestro. A loro Mirko insegna l'unico approccio possibile: restare. "Il pugile diventa tale quando attraverso una serie di procedure arriva a comprendere che la sua grande qualità è quella di saper soffrire, e dunque restare. Deve imparare ad accettare il dolore e reggere un livello di scontro basilare". Per arrivare infine a sentire che "non c'è sconfitta nel cuore di chi lotta".
    "L'insegnamento lo faccio in gruppo, ma il percorso - sono le parole di Mirko riportate da Antiniska - ognuno lo fa con se stesso".
    Per ora "il percorso è sospeso causa Covid senza possibilità, per ora, di riprendere, ma speriamo - dice Mirko, che ha esportato il progetto anche a San Vittore - che con il ritorno alla normalità si possa tornare ad allenarsi". Intanto lui non è restato con i guantoni in mano, ma ha fatto partire un nuovo progetto con la fondazione Exodus. Tutto, sempre, gratis: "non so quantificare quanto lo sport mi abbia dato, rendo quello che posso, quello che ho - conclude - lo dono".
   

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