Immagini catturate dal satellite
PeruSAT-1 una settimana dopo l'incidente avvenuto durante il
trasferimento di greggio dalla petroliera 'Mare Doricum' alla
raffineria La Pampilla della compagnia spagnola Repsol, mostrano
le reali dimensioni del danno ambientale marino e costiero
causato dalla dispersione di almeno 6.000 barili di petrolio
all'altezza di Lima e della città gemella di El Callao, avvenuto
il 15 gennaio dopo lo tsunami seguito al terremoto a Tonga.
In una intervista domenica il direttore esecutivo di Repsol,
Jaime Fernández-Cuesta Luca de Tena, ha sottolineato che "ci
siamo impegnati a pulire le spiagge inquinate entro la fine di
febbraio". Questo, mentre sono ancora in corso le indagini sulle
cause dell'accaduto e sull'estensione della zona interessata
dalla marea nera.
Reagendo alle dichiarazioni del responsabile di Repsol,
l'Organismo di valutazione e certificazione ambientale (Oefa)
peruviano ha diffuso un comunicato in cui sostiene che "il 23
gennaio è stato stimato che l'estensione dell'area interessata
è, per la componente suolo (fascia di spiaggia e costa), di
1.800.490 mq (180 ettari), e per la componente idrica (mare), di
circa 7.139.571 mq (713 ettari)".
Il satellite di osservazione PeruSAT-1, gestito dalla
Commissione nazionale per la ricerca e lo sviluppo aerospaziale
(Conida), ha fornito per parte sua immagini della regione una
settimana dopo l'accaduto, da cui emerge l'ampia estensione
della superficie di Oceano Pacifico e di costa contaminata.
Purtroppo la marea nera, scrive infine oggi il quotidiano
peruviano La República, "continua a spostarsi verso nord", e
"sono visibili ora chiazze di petrolio fino a Punta Salinas, 30
km a sud-ovest di Huacho".
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