(di Lorenzo Trombetta)
L'Italia "sostiene autenticamente
la stabilità e la prosperità dell'Iraq. E' un nostro interesse
primario", afferma Maurizio Greganti, ambasciatore d'Italia a
Baghdad. Attore chiave in Medio Oriente, l'Iraq si trova oggi di
fronte a molteplici sfide: un prolungato stallo politico, il
contrasto al terrorismo, le ripercussioni della guerra in
Ucraina sull'approvvigionamento alimentare, gli effetti nocivi
del cambiamento climatico.
"Anche se è stato sconfitto come entità territoriale nel
dicembre del 2017, cellule dell'Isis, o Daesh, esistono ancora,
specialmente nelle aree desertiche del Nord del Paese", afferma
Greganti in una intervista all'ANSA. L'ambasciatore sottolinea
come l'Italia svolga dal 2003, anno della seconda Guerra del
Golfo, "un ruolo importante nell'ambito della difesa e della
sicurezza dell'Iraq. C'è da ricordare che l'Italia ha pagato un
prezzo altissimo a Nassiriya", afferma in riferimento al
sanguinoso attentato compiuto nella città nel novembre del 2003
nel quale furono uccise 28 persone (19 italiani e 9 iracheni).
"Nonostante i momenti bui, non abbiamo mai lasciato il
territorio, anzi: il 10 maggio scorso l'Italia ha assunto il
comando della missione Nato in Iraq col generale Giovanni Maria
Iannucci. E' una testimonianza importante, che conferma il ruolo
dell'Italia nel Paese in una fase molto delicata per gli
equilibri internazionali", afferma Greganti.
Equilibri che sono in rapido mutamento su scala globale, a
causa innanzitutto della guerra in Ucraina. Questa, osserva
l'ambasciatore, ha avuto effetti contrastanti in Iraq: da una
parte ha fatto entrare più risorse nelle casse dello Stato,
grazie all'aumento del prezzo del petrolio; dall'altro,
l'aumento dell'inflazione, soprattutto per i beni di prima
necessità e i generi alimentari, ha peggiorato le prospettive
economiche in un contesto già non facile, dopo le distruzioni
dell'Isis e la pandemia.
Proprio per questo l'Italia non abbandona l'Iraq. E "ha
investito 300 milioni di euro in numerosi progetti di sviluppo.
Tra questi - dice Greganti - spicca il sostegno a Mosul e alle
comunità che abitano le zone liberate dal Daesh; le attività in
Kurdistan con UN Women a favore delle donne e contro la violenza
di genere; inoltre, l'Italia sostiene numerosi progetti di
Unesco per la scolarizzazione, le operazioni Onu di sminamento e
il lavoro di diverse organizzazioni non governative, a partire
dal Comitato internazionale della Croce Rossa".
Anche in ambito commerciale Greganti sottolinea i buoni
rapporti di lunga data tra Italia e Iraq, con un interscambio
che nel 2021 ha raggiunto i 4 miliardi di euro. "Le nostre
imprese sono qui da più di mezzo secolo, specialmente nel
settore dell'energia", afferma, ricordando la presenza di Eni
che gestisce il sito petrolifero di Zubayr nel Sud.
L'Italia è poi al fianco dell'Iraq anche in ambito culturale:
"L'interesse degli studenti iracheni per l'italiano e per le
opportunità di studio in Italia è in continuo aumento, così come
la passione dei nostri archeologi per l'antica Mesopotamia".
Attualmente sono attive in tutto l'Iraq 18 missioni
archeologiche italiane finanziate dalla Farnesina. "I nostri
archeologi hanno, fra l'altro, avuto un ruolo importante nel
processo di iscrizione nella lista del patrimonio Unesco del
sito di Ur-Uruk-Eridu e delle paludi del Sud. Non dimentichiamo
poi - aggiunge l'ambasciatore - il grande lavoro svolto
dall'Italia per il ripristino del Museo archeologico di Baghdad,
oggi largamente restaurato grazie a esperti italiani dopo il
terribile saccheggio del 2003".
"Sono convinto che la cultura rappresenti per l'Iraq il nuovo
petrolio, la nuova ricchezza su cui investire per la crescita
del Paese, la diversificazione dell'economia e il rafforzamento
dell'identità nazionale. E l'Italia è pronta, come sempre, a
dare il suo appoggio a un Paese amico come l'Iraq".
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