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Da faccine a simboli pandemia, l'evoluzione delle emoji

Il 17 luglio la Giornata mondiale, in Italia le usano più le donne

Alzi la mano chi non ha mai usato una emoji in una conversazione digitale. Insieme alle Gif animate, le faccine sono diventate negli ultimi dieci anni uno strumento di comunicazione che ha pervaso pure la letteratura e il cinema e da un anno e mezzo anche la pandemia, con disegni a tema. Dal 2014 c'è una giornata mondiale dedicata, il World Emoji Day, che cade il 17 luglio, nata dall'idea di Jeremy Burge, uno storico delle emoticon e fondatore di Emojipedia, sito web che raccoglie e cataloga tutte le emoji. Il termine emoji deriva dal giapponese e vuol dire pittogramma, cioè un disegno o un simbolo in uno o più colori immediatamente riconoscibile. La prima faccina è stata creata a fine anni Novanta da Shigetaka Kurita che lavorava per un'azienda di telecomunicazioni.

Secondo i calcoli del sito Statista nel 2022 il numero delle emoticon presenti raggiungerà quasi quota 3.500. Ogni anno se ne aggiungono di nuove, sono approvate dal consorzio Unicode, che si occupa della loro standardizzazione e si basa sul lavoro di volontari. Tra quelle più recenti approvate, c'è la mano che mima il gesto 'ma che vuoi?', mentre hanno fatto ingresso sui nostri smartphone nel 2015 quelle che rendono disponibili diversi colori della pelle. Nei lunghi mesi della pandemia alcune aziende tecnologiche hanno lanciato emoji a tema: dalla siringa del vaccino di Apple a Twitter che ha sensibilizzato sul lavaggio delle mani a Facebook che ha raffigurato un abbraccio.

A livello globale, le emoji preferite dalle persone sono la faccina che ride, il pollice alzato, il cuore, il bacio e la faccina con la lacrima. A esprimere le preferenze 7.000 persone in Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Francia, Giappone, Australia e Corea del Sud intervistati dall'azienda tecnologica Adobe. In Italia, invece, secondo un'indagine di Samsung, le emoticon più amate dagli italiani sono il bacio con il 41,4% di preferenze, seguito dalla risata con le lacrime (40,9%) e dal pollice alzato (29,7%). E le maggiori utilizzatrici di emoji risultano le donne di età compresa tra i 35 e i 44 anni, che vivono nel nord-est e nel sud.

Secondo la ricerca Adobe, l'88% degli utilizzatori di emoji a livello globale ha maggiori probabilità di provare empatia per altre persone se anche queste le utilizzano e la maggioranza degli utenti concorda sul fatto che le emoji permettono di esprimersi con maggiore facilità (90%) e di comunicare al di là delle barriere linguistiche (89%).

Se è vero che le faccine sono diventate parte della nostra comunicazione, è anche vero che gli intervistati concordano sulla necessità di regole. Il 76% afferma, infatti, che nelle conversazioni si dovrebbero usare solo emoji di cui si comprende appieno il significato. Quasi la stessa percentuale, il 75%, dice che va bene inviare un'emoji come risposta rapida invece delle parole, ma l'uso eccessivo di emoji è fastidioso nella conversazione (67%).

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