Quattro Giochi da atleta e la
cinquina olimpica arriverà a Tokyo, ma da coach. La storia a
cinque cerchi di Giulia Conti, in estate, si arricchirà di un
nuovo capitolo. La 35enne ex velista romana, che si ritirò nel
2016, dopo la partecipazione alla rassegna di Rio, ha intrapreso
una nuova avventura con la nazionale statunitense di vela,
prendendosi anche qualche bella soddisfazione: come quella di
vincere il premio di miglior allenatrice 2020, grazie ai
risultati ottenuti dalla coppia formata da Stephanie Roble e
Maggie Shea (bronzo ai Mondiali di Geelong, secondo posto alla
Kieler Woche) nella Classe 49er. "Per la prima volta il premio
'national coach of the year' è andato a un allenatore non
americano. Un orgoglio per me - racconta, all'ANSA, Giulia Conti
-. Questo riconoscimento mi dà motivazioni nuove e mi induce a
fare sempre meglio. Questo premio nasce dal terzo posto nel
Campionato del mondo dell'anno scorso, che le ragazze ottennero
in Australia ed è valso come selezione per le Olimpiadi. Mi sono
state riconosciute anche nuove metodologie di allenamento,
l'approccio attraverso la raccolta e lo studio dei dati. Nel mio
lavoro la parte organizzativa è determinante: il metodo da me
adottato è stato adottato dalla Federvela a stelle e strisce.
Nelle classi olimpiche, per esempio, lo studio della telemetria
della barca è importante. Del resto, noi siamo l'ala povera
della vela, ma anche la base". La Conti da coach affronterà
Olimpiadi del tutto diverse da quando regatava. E non solo dal
punto di vista dell'approccio agonistico alla manifestazione. La
pandemia porta con sé ansie e timori. "Sarà un'Olimpiade strana,
ancora non sappiamo quando andremo a Tokyo, né se faremo la
quarantena, sappiamo niente al momento - fa notare Giulia -. Di
certo si sa che avremo poca interazione con l'esterno, amici e
parenti non potranno esserci, le 'mie' ragazze sono molto deluse
da questo aspetto. La paura più grande è che non si riesca a
gareggiare per dei casi di positività, noi ci siamo vaccinate,
ma i timori ci sono sempre. C'è preoccupazione e ansia per gli
atleti". Italia e Stati Uniti, due modi diversi di 'veleggiare'
e di mettere a punto le strategie di preparazione. "La
differenza più grossa è che da noi la Federazione supporta molto
di più gli atleti, negli Usa no. Gli atleti diventano i manager
della propria campagna olimpica, trovandosi anche gli sponsor.
L'aspetto organizzativo tocca agli atleti. Se non trovi i soldi,
malgrado il talento, a volte non puoi andare avanti. In Italia
accade esattamente il contrario". Da ex velista Giulia Conti ha
un sogno nel cassetto: "Sarebbe bello vedere qualche donna su
una barca dell'America's Cup. Un sogno non credo solo mio. Non
tutto ci è dovuto solo perché siamo donne, ma provare si può".
Gli exploit di Luna Rossa l'hanno appassionata: "All'inizio, se
devo essere sincera, ero un po' scettica sui catamarani, speravo
si tornasse al format di Valencia 2007. Alla fine, però, mi sono
appassionata e divertita, come è accaduto a milioni di italiani.
Si vedeva il progresso della tecnologia, ora spero non cambiano
nuovamente e spero ci siano più team in gara".
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