Regioni d'Europa pronte a dar battaglia contro tagli a fondi Ue

Fissati paletti. No a distrazione fondi nel prossimo budget

Redazione ANSA

BRUXELLES - Le regioni e le città europee si preparano a dar battaglia per difendere il futuro della politica di coesione post-Brexit, in vista del negoziato sul nuovo budget pluriennale, mentre già circolano indiscrezioni di Paesi, come Germania, Austria, Svezia, Olanda, Danimarca e Finlandia, pronti a 'sforbiciare', per risparmiare, o destinare le risorse ad altre questioni urgenti, come migrazione e sicurezza. A fissare i paletti dei territori europei e indicare la linea da seguire è il parere del sottosegretario di Stato del Land tedesco Sassonia-Anhalt, e presidente del gruppo Ppe al Comitato europeo delle Regioni (CdR) Michael Schneider, adottato settimana scorsa a larghissima maggioranza dalla plenaria del CdR. Nel sottolineare l'importanza dei fondi strutturali per lo sviluppo dei territori, il documento chiede di renderne più flessibile l'utilizzo e di semplificarne l'iter burocratico, opponendosi a qualsiasi distrazione degli aiuti, principale strumento europeo di investimenti, che assorbe un terzo dell'intero bilancio dell'Unione.

Attraverso la politica di coesione, l'Ue investe infatti 454 miliardi di euro (cifra priva della quota di cofinanziamento nazionale) fino al 2020, per favorire la crescita in tutte le regioni, riducendo le disparità, e l'Italia con 42,6 miliardi ne è il secondo principale beneficiario, dopo la Polonia (86 miliardi). Le sfide che stanno di fronte, avverte però il Commissario europeo al Bilancio Gunther Oettinger, sono i 10-13 miliardi che verranno a mancare col divorzio della Gran Bretagna dal blocco comunitario, oltre ai 10-12 miliardi che si dovranno trovare per far fronte alle spese per le politiche di sicurezza, la gestione dei flussi migratori, e la cooperazione allo sviluppo. E "alcune riduzioni non sono da escludere", osserva Jyrki Katainen, vicepresidente della Commissione Ue per il piano di investimenti Juncker, intervenuto nel dibattito.

Con l'adozione del parere Schneider il CdR è la prima istituzione dell'Unione a prendere posizione sul futuro della politica di coesione, che nella sua battaglia trova un alleato nel presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani. I territori chiedono di semplificare radicalmente le procedure per l'utilizzo dei fondi Ue; di evitare duplicazioni, migliorando il coordinamento attraverso un nuovo quadro strategico che raggruppi tutti i fondi e le politiche europee per la crescita con un impatto sullo sviluppo regionale; oltre alla riduzione dei vincoli burocratici nella programmazione e nella gestione delle risorse.

"Guai se ci fosse una rimessa in discussione di uno strumento che è uno dei pochi che viene percepito in questo momento storico dagli europei come vicino e utile", mette in guardia il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. "La politica di coesione è un motore trainante per la crescita e il suo potenziale sarebbe ancora più forte se escludessimo il cofinanziamento dal calcolo dell'indebitamento nazionale", evidenzia la governatrice dell'Umbria e presidente del gruppo Pse del CdR Catiuscia Marini. "Senza una politica di coesione che sostenga gli investimenti in tutte le Regioni dell'Unione, le disparità regionali aumenteranno: una politica di coesione riformata, flessibile e meno burocratica può aiutare a invertire questa tendenza", spiega il leader del Consiglio regionale della Lombardia e presidente della commissione per le Politiche di coesione territoriale del CdR Raffaele Cattaneo. Non passa invece la linea (promossa dalla delegazione italiana al CdR) di legare i fondi strutturali all'accoglienza dei migranti. Una condizionalità, che secondo molti territori europei, potrebbe scoperchiare il vaso di Pandora.

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