"Riconosciamo che ci sono stati sforzi negli ultimi mesi da parte dei governi, incluso quello italiano", per offrire alternative "come i corridoi umanitari per portare via i migranti dai centri di detenzione verso l'Italia, ma finora ci sono stati solo numeri molto bassi" di evacuazioni, ha sottolineato Turner. "La situazione che vediamo nella nostra esperienza in Libia è che le difficili condizioni dei centri di detenzione possono essere considerate un fattore che contribuisce alla scelta delle persone di lasciare la Libia.
Questo è un elemento chiave per creare una politica di deterrenza" delle partenze verso l'Europa.
Julien Raickman ha raccontato che la situazione dei centri di detenzione per i migranti "è molto preoccupante e tutto questo deve finire il prima possibile. Questa sofferenza umana è troppo grande, e se consideriamo i numeri globali dei migranti che vivono in Libia, coloro che si trovano nei centri rappresentano solamente l'1% del totale": sono infatti "5.800 le persone attualmente presenti nei centri di detenzione". Questo evidenzia che "la detenzione non è assolutamente la soluzione" al fenomeno migratorio, "e dovrebbe finire il prima possibile. Una soluzione esterna, un'evacuazione, è possibile", ha sottolineato.
Durante il conflitto in corso da due mesi in Libia, "abbiamo visto un sempre più forte impatto sui centri di detenzione, alcuni dei quali sono stati direttamente colpiti e da dove i migranti e rifugiati sono stati ricollocati urgentemente verso altre località", ha raccontato Turner. "A Tripoli lavoriamo nei centri di detenzione dove i migranti vengono arbitrariamente detenuti per un tempo indefinito, senza alcuna accusa e senza accesso a una forma di difesa legale, e quindi non sono in grado di ottenere un rilascio. Noi forniamo assistenza medica in questi centri e abbiamo da tempo documentato le difficili condizioni di vita. Questi posti non sono costruiti per far vivere le persone, c'è una forte necessità di acqua, servizi igienici, cibo, assistenza medica", ha affermato.
Raickman ha raccontato che "ci sono centri di detenzione nell'area di Misurata dove le persone hanno meno di un metro quadrato di spazio vitale, dove c'è una grande mancanza di forniture d'acqua, non c'è abbastanza cibo ed è di scarsa qualità". Il responsabile Msf ha ricordato che in queste strutture "sono presenti bambini, minori non accompagnati" e donne, alcune delle quali "partoriscono nei centri di detenzione". "Ci sono rischi per la salute mentale nel rimanere rinchiusi per mesi, per alcuni di loro per anni. Ci sono alti livelli di tubercolosi, e queste condizioni stanno provocando ancora più malattie e rischi per la vita. Anche se non ci si trova sul fronte, si può morire nei centri di detenzione", ha spiegato Raickman.(ANSAmed).
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