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Mo: Il Cairo resta crocevia negoziale anche nel dopo-Morsi

Girandola incontri per mediare con Hamas, pur contigua Fratellanza

18 luglio 2014, 11:21

Redazione ANSA

ANSACheck

(di Rodolfo Calò) (ANSAmed) - IL CAIRO, 18 LUG - Nonostante la guerra dichiarata dal governo egiziano contro i Fratelli Musulmani, vicini ad Hamas, Il Cairo resta sempre un crocevia per la mediazione tra Israele e palestinesi di Hamas. Confermato da una girandola di incontri e indiscrezioni, il "tavolo" egiziano per una tregua nella guerra Israele-Hamas a Gaza e' informale ma esiste. Tanto che oggi sono attesi in riva al Nilo il ministro degli Affari esteri Federica Mogherini ed il capo della diplomazia francese, Laurent Fabius. Previsto anche l'arrivo del segretario di stato Usa John Kerry, preceduto da una nutrita delegazione del Dipartimento di Stato. Il rinnovato ruolo del Cairo di mediatore sembrava saltato in poche ore tra lunedi' e martedi', quando la proposta egiziana di cessate il fuoco immediato era stata rifiutata da Hamas. Il traffico di auto blindate dall'aeroporto del Cairo, e la presenza stabile nella capitale egiziana del numero due di Hamas, Mussa Abu Marzuk, testimonia pero' che la partita - malgrado tutto - e' ancora in pieno svolgimento. Negli ultimi giorni sono stati segnalati incontri, sembra in uno stesso albergo, di responsabili egiziani sia con Hamas sia con una delegazione di alto livello israeliana che comprendeva Yoram Cohen, il capo dello Shin Bet, l'agenzia di intelligence interna, e il negoziatore Ytzhak Molcho. Pubblicizzata ufficialmente pero' solo la visita di Abu Mazen, il presidente palestinese, principale referente del capo di Stato egiziano Abdel Fattah al-Sisi.

Il crocevia diplomatico sul Nilo ha gia' visto del resto un doppio passaggio in cinque giorni di Tony Blair, in veste di inviato speciale per il Medio oriente del "quartetto" composto da Stati Uniti, Russia, Ue e Onu. E gli egiziani hanno potuto vantare l'apprezzamento dell'ex premier britannico secondo il quale sono "i più credibili e capaci di convincere le due parti". L'Egitto ha d'altronde lo storico merito di essere stato il primo stato arabo, nel 1979, a far la pace con Israele in base agli accordi di Camp David dell'anno prima.

Quanto a Gaza, suo ex-governatorato militare per quasi un ventennio fino alla Guerra dei Sei giorni del 1967, la "responsabilità storica" egiziana aveva portato il Cairo a mediare assieme gli Usa la tregua che pose fine all'analoga operazione israeliana del novembre 2012. Allora pero' c'era il presidente Mohamed Morsi, leader politico di quei Fratelli musulmani di cui Hamas e' filiazione diretta: una circostanza del tutto svanita dato che Sisi, ex capo di Stato maggiore dell'esercito, solo l'anno scorso era stato protagonista della cacciata della Confraternita, rispedita in clandestinità.

Il bando di Hamas dall'Egitto di Sisi come presunta organizzazione terroristica si riflette intanto nell'assenza del nome del movimento nelle comunicazioni ufficiali egiziane che parlano solo di "fazioni palestinesi". Questo, in un primo momento, ha addirittura consentito a Hamas di dichiarare di non aver ricevuto alcuna proposta di tregua dall'Egitto. Freddezza confermata anche dall'ufficioso annuncio che il movimento palestinese avrebbe inoltrato anche a Lega araba, Onu e Giordania, le sue integrazioni al piano egiziano. La residenza al Cairo di Marzuk, vicepresidente dell'Ufficio politico di Hamas, testimonia pero' quanto l'Egitto resti il solo crocevia negoziale a disposizione anche nel dopo-Morsi. (ANSAmed).

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