Nonostante la minoranza Houthi abbia partecipato alle proteste che nel 2012 portarono alla caduta dell'ex presidente Saleh e fosse una forza significativa quando Hadi giurò nella carica, gli Houthi "sono stati emarginati nel processo guidato dal Consiglio di cooperazione del Golfo" che portò questi al potere. Una marginalizzazione continuata anche dopo e che ha portato prima alle proteste deglla minoranza sciita, giunte fino all'occupazione di Sanaa, e poi al conflitto militare in atto.
"Gli Houthi - osserva l'analista - sono stati in grado di fare straordinarie conquiste sul terreno perchè riflettono il genuino malcontento di molti yemeniti, indipendentemente dalla loro fede religiosa". Inoltre, aggiunge, sono stati premiati dal loro pragmatismo nell'allearsi con le forze dell'ex presidente Saleh.
"Quindi - prosegue Mousavian - è non solo un'esagerazione attribuire le vittorie Houthi ad un presunto appoggio iraniano, ma è anche falso, data la realtà del conflitto interno". Il quale è "in primo luogo una guerra civile - sottolinea - nella quale l'Arabia Saudita e altri Paesi hanno deciso di intervenire pesantemente. Inoltre, il presunto intervento iraniano non solo è in contrasto con la politica intrinsecamente difensiva dell'Iran nella regione, ma sopravvaluta molto la capacità iraniana di influenzare gli eventi nello Yemen". I raid aerei della coalizione a guida saudita tuttavia non avranno altro esito se non destabilizzare ulteriormente il Paese, indebolire il solo gruppo finora in grado di combattere con successo Al Qaida nello Yemen e di creare un vuoto di potere che sarà facilmente coperto proprio da quest'ultima se non dall'Isis. Uno scenario da cui si può sfuggire, secondo Mousavian, solo con un accordo immediato tra potenze mondiali, Iran e l'Arabia Saudita per un cessate il fuoco, l'invio di aiuti umanitari, la ripresa del dialogo e la creazione di un governo di unità nazionale. Il piano già da tempo indicato dallo stesso Iran all'Onu.
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