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Erdogan lancia la sua 'Opa' sul Medio Oriente

Dopo Primavere Arabe ci riprova, cerca terza via in Islam diviso

15 dicembre 2017, 10:11

Redazione ANSA

ANSACheck
(di Cristoforo Spinella) - ISTANBUL - Sembrava finito, il Sultano. Sopravvissuto per il rotto della cuffia al golpe che voleva abbatterlo. Fiaccato dagli schiaffi presi nei territori del fu Impero Ottomano, che sognava di tornare a guidare: dalla Siria, con la scommessa fallita di rovesciare Assad, all'irredentismo curdo che oggi brulica ai confini della Turchia. E invece è arrivata Gerusalemme: la sua nuova, insperata occasione. Forse l'ultima.

Dopo le Primavere Arabe, Recep Tayyip Erdogan ci riprova.

Come un signore del caos, si tuffa nel vuoto di leadership di un Medio Oriente unito nella condanna formale, ma diviso su quasi tutto il resto. Di fronte alla "sfida eccezionale" lanciata da Donald Trump - parole del segretario dell'Organizzazione dei Paesi islamici (OIC) - i musulmani sono apparsi impreparati. In una regione senza più una guida, sempre più divisa dalla frattura tra il fronte saudita e l'Iran sciita, il Sultano ha lanciato la sua Opa, tentando di accreditarsi come il primo paladino della causa palestinese. Come quando, ai tempi della Freedom Flotilla, a Gaza circolavano i suoi ritratti. L'occasione gli arriva su un piatto d'argento. La mossa della Casa Bianca fa breccia in una regione lacerata da ferite profonde. Anche nel summit dell'OIC da lui convocato mercoledì a Istanbul, pur evocando l'unità islamica contro "il pericolo sionista", il presidente iraniano Hassan Rohani non ha risparmiato un affondo contro chi, in Medio Oriente, ha incoraggiato Trump a "osare" su Gerusalemme, perché con Israele vorrebbe in realtà scendere a patti, e proprio contro Teheran.

Non ha avuto bisogno di fare nomi: il riferimento ai Paesi del Golfo, Arabia Saudita in testa, è apparso chiaro. Così, mentre i due fronti dell'Islam non si risparmiano accuse e minacce, Erdogan batte la via non allineata: la scorsa estate restando a fianco del Qatar, a metà strada tra Riad e Teheran; e ora con Gerusalemme, dove la leadership palestinese - orfana di grandi sponsor e fragile al suo interno - cerca di conquistare alla sua causa nuove potenze. Per Erdogan, è un ritorno alle origini, a quel "voi sapete bene come uccidere" sbattuto in faccia in mondovisione a Shimon Peres già nel 2009.

Da lì in poi, cercando di cavalcare le Primavere Arabe, si era immaginato come nuovo Sultano del Medio Oriente. Una scommessa persa, allora. La sua 'inversione a U' si completò, con provvidenziale tempismo, un paio di settimane prima del putsch che provò a rovesciarlo, rappacificandosi con Russia e Israele. Ora, Erdogan ritenta l'azzardo. Ma se dovesse andargli male, stavolta rischia di restare senza paracadute.

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