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Siria: attacco al buio, senza una politica estera

L'Occidente senza una bussola, tra missili e disimpegno

15 aprile 2018, 19:08

Redazione ANSA

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© ANSA/EPA

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(di Stefano Polli) ROMA - Serve urgentemente una bussola per tracciare la rotta dell'occidente, degli Stati Uniti e dell'Europa di fronte al disfacimento del Medio Oriente.

L'attacco missilistico lanciato contro la Siria da Usa, Gran Bretagna e Francia non si appoggia, infatti, su una politica estera chiara e riconoscibile verso quest'area del mondo. E' sicuramente comprensibile e più che giustificata la volontà di punire Assad per i suoi terrificanti crimini contro civili, donne e bambini (si può eventualmente discutere sul come farlo), ma l'attacco, al di là delle possibili conseguenze militari, da un lato non è il punto d'arrivo di un identificabile percorso diplomatico e, dall'altro, non consente di immaginare le future posizioni verso la Siria, la Russia e l'Iran. Questi tre ultimi Paesi hanno avuto una loro politica estera in Siria, certamente condannabile se non altro per le ripetute violazioni dei più semplici diritti umani. Tra il lancio dei missili e le reiterate intenzioni di disimpegno è invece molto difficile capire quale siano gli interessi di Usa e Europa in Medio Oriente. Banalmente ci si potrebbe chiedere perché l'uso delle armi chimiche tocchi tanto le coscienze dei leader occidentali, mentre le uccisioni di massa, le violazioni sistematiche dei diritti umani, le violenze e gli stupri quotidiani non meritino una qualsiasi 'linea rossa'.

I lanci degli alleati somigliano molto a quelli dello scorso anno, successivi a un altro attacco chimico da parte di Damasco.

Non sembra che Assad sia rimasto molto spaventato. Al contrario, appoggiato da Russia e Iran, ha riconquistato terreno in questi ultimi mesi ergendosi addirittura, in maniera surreale, a vincitore della lotta contro il terrorismo. E ha usato nuovamente i gas. Certo Washington e Parigi dovrebbero mostrare le prove inconfutabili sull'uso delle armi chimiche che dicono di avere. Eviterebbero nuove polemiche e i riferimenti alle provette di Colin Powell all'Onu sulle armi chimiche irachene, mai trovate in Iraq.

Una regola di base della geopolitica racconta che i vuoti diplomatici vengono velocemente riempiti. E' quello che sta accadendo in Siria. La Russia ha riconquistato il suo ruolo politico e militare, Assad ha avuto il tempo di riprendersi a un passo dalla sconfitta, l'Iran ha raggiunto gli obiettivi che si poneva da decenni e installazioni militari di Teheran sono adesso a un soffio dal confine israeliano. Nel frattempo Trump ha continuato a parlare di disimpegno Usa e ha detto di voler riportare a casa i circa 2000 militari Usa che hanno appoggiato le milizie curde in Siria. Trump non è Bush, non vuole 'esportare la democrazia', è un esponente della destra isolazionista e ritiene che gli Usa non possano e non debbano risolvere i problemi del mondo. E mentre bombarda in Siria continua a pensare a un vertice con Putin e, d'altra parte, il lancio di missili è stato accuratamente anticipato ai russi per evitare incidenti di qualsiasi tipo. L'Unione europea è ancora più indietro, incapace di costruire una vera politica estera comune e un'identità di difesa reale. I grandi Paesi europei, come Gb e Francia, vanno avanti per conto loro, con le loro politiche nazionali e i loro eserciti. Eppure l'Europa dovrebbe essere interessata a un'area del mondo che ci rimanda a casa i nostri foreign fighter e produce milioni di persone disperate che cercano una nuovo posto dove rifarsi una vita. Occuparsi di tutto questo vuol dire avere una politica definita, fatta di presenza e di visione, di dialogo e pressioni diplomatiche, di forza militare e di diplomazia. Con obiettivi chiari e condivisi. Non sembra, purtroppo, che dietro al lancio di missili ci sia tutto questo. Almeno per ora.(ANSAmed).

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