(di Luciana Borsatti)
(ANSAmed) - ROMA - L'industria della soap opera siriana è una fabbrica di consenso per l'immagine di presidente riformista con cui Bashar al Assad si è sempre identificato, proponendosi anche come elemento critico degli elementi più conservatori, corrotti e repressivi del suo stesso sistema di potere. E' quanto emerge dal libro di Donatella Della Ratta 'La fiction siriana. Mercato e politica nella televisione nell'era degli Asad, edito da Arab Media Report (pp. 64, 10 euro).
L'autrice, che sta facendo la specializzazione post-dottorato all'università di Pennsylvania, ha alsuo attivo varie pubblicazioni sui media nel mondo arabo alle spalle. Ha condotto la sua ricerca vivendo a Damasco dal 2007 al 2011.
"Esiste una sorta di 'affinità elettiva' fra una classe di intellettuali, artisti e filmaker, illuminata e laica - scrive l'autrice - e la classe politica della 'nuova guardia' salita al potere all'inizio del 2000 con Assad figlio, impegnata a portare avanti un progetto apparentemente riformista e progressista.
Queste élites hanno stretto un patto di ferro, con lo scopo di educare una società da entrambe ritenuta incapace - se non attraverso un processo graduale e attentamente controllato da minoranze illuminate - di uscire da una supposta arretratezza sociale e culturale". E il mezzo su cui si è più investito per questo sono state appunto le soap-opera ('musalsalat'), fiore all'occhiello della produzione culturale siriana, acquistate e viste in tutto il mondo arabo. Serie tv prodotte per il massimo dell'audience del mese del Ramadan, e che trattano di temi tabù quali l'estremismo, il terrorismo, la libertà della donna, il dialogo interreligioso e di tutti gli argomenti più scottanti nelle società arabe contemporanee. E anche, proprio nel caso siriano, degli aspetti più critici del sistema, dal ruolo repressivo dei servizi segreti all'invasività della corruzione.
Tanto che lo stesso presidente Bashar al Assad, coerentemente con il riformismo politico che gli si attribuiva, interveniva personalmente per far loro superare le barriere della censura.
Quanto i temi toccati fossero e siano tuttora delicati emerge anche dagli stralci di queste serie tv che compaiono sul sito di Arab Media Report, e che fanno riferimento proprio alle proteste che dal 2011 hanno innescato la crisi ora degenerata in una sanguinosa guerra civile. Sequenze che fanno intuire come la struttura di potere nella Siria di Bashar al Assad sia tutt'altro che monolitica, ma composta di diverse articolazioni che possono non comunicare fra loro, e di elementi accusabili di essere i responsabili del degrado del Paese. Ma in queste ricostruzioni narrative il presidente Assad non è mai nominato, a salvaguardia appunto della sua immagine di riformatore che non ha avuto il tempo di implementare le sue riforme, ''unica autorità in grado di guidare le Siria verso la modernita", oltre che di salvaguardarne la multiculturalità e multireligiosità.
Significativo inoltre non solo il fatto che l'industria delle 'musalsalat' siriane abbia continuato a produrre anche in piena guerra civile (tanto da essere trasmessa nel Ramadan del 2013), ma anche che le tv del Golfo abbiano continuato ad acquistare le fiction siriane anche nel momento in cui i poteri politici che si celano dietro le grandi rete panarabe, in particolare Arabia Saudita e Qatar, decidevano di schierarsi contro Assad e armare le milizie contro di lui. (ANSAmed).
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