(di Cristiana Missori)
(ANSAmed) - ROMA, 18 APR - ''L'Arabia Saudita non appoggia in
alcun modo l'accaparramento in massa di terre ('land grabbing')
e non ha alcuna attività in questo campo. Crediamo anzi che il
fenomeno possa essere eliminato grazie a leggi e regolamenti
sugli investimenti agricoli nei Paesi di accoglienza''. Parola
del ministro dell'Agricoltura saudita, Fahd Bin Abdulrahman Bin
Sulaiman Balghunaim, che in un'intervista ad ANSAmed fa il punto
sulla situazione del settore nel Paese, spiegando quale sia la
visione di Riad in merito a una vicenda che coinvolge una
moltitudine di Stati. Dalla Cina all'India, dall'Europa agli
Stati Uniti, dai Paesi del Golfo al Giappone: tutti in cerca di
terreni fertili in giro per il mondo, da acquistare o affittare,
per produrre le materie prime di cui necessitano per coprire il
proprio fabbisogno alimentare. La maggior parte degli Stati che
si rende disponibile a accogliere questo genere di investimenti,
precisa Balghunaim, ''lo fa di propria iniziativa''. Pur non
appoggiando l'accaparramento di terre e non investendo
direttamente suoi capitali, sul piano normativo lo Stato saudita
favorisce ''i privati a investire all'estero nel settore
agricolo''. Da tempo, ricorda il ministro, è stata lanciata
l'iniziativa ''Re Abdallah per gli investimenti agricoli
all'estero''. Un progetto che punta a incoraggiare il settore
privato a investire fuori dal Regno, seguendo però il principio
di responsabilità per gli investimenti (Responsible Agricultural
Investments). ''L'obiettivo è quello di contribuire alla
sicurezza alimentare a livello locale, regionale e
internazionale, oltre ad assicurare all'Arabia Saudita, una
riserva strategica di prodotti alimentari di base''. Finora,
sono 31 i Paesi in via di sviluppo che hanno accettato di
ospitare gli investimenti sauditi.
Produrre oltre confine e produrre - meglio e di più - in
patria. Negli ultimi decenni, infatti, l'Arabia Saudita ha
puntato sulla diversificazione della propria economia e sullo
sviluppo del settore agricolo che oggi rappresenta il 2% del
Pil, ''raggiungendo alti gradi di autosufficienza nella maggior
parte dei prodotti alimentari di prima necessità'' e alti
livelli di automazione nei processi produttivi. Tra gli esempi
più incredibili di cosa possano creare capitali e strumentazione
all'avanguardia, quello di Al-Safi, la più grande fattoria
lattiero-casearia integrata del mondo, dove la temperatura è
climatizzata e le mucche - circa 40 mila di razza Holstein -
vengono munte automaticamente (a controllare la procedura sono
computer). Dove il foraggio è prodotto in loco - l'acqua viene
pompata a centinaia di metri sottoterra - e il latte e i suoi
derivati vengono anche esportati nei Paesi vicini. Riad ha poi
fatto scelte radicali, come quella di azzerare entro il 2016 la
produzione di grano. A partire da quella data, sarà acquistato
integralmente sui mercati internazionali. Troppa acqua per
produrne. E in un Paese in cui ce ne è poca, il bio potrebbe
apparire un vero lusso. Così non è perché si tratta invece di un
mercato in espansione grazie a una legge del 2010 che ne
favorisce lo sviluppo. ''Il numero di aziende biologiche oggi è
salito a 81 e la superficie coltivata ammonta a 16.347 ettari'',
sottolinea il ministro.
L'Italia è uno dei più importanti partner commerciale della
potenza saudita con un interscambio che ha superato gli 11
miliardi di euro l'anno e anche nel comparto agricolo si possono
fare buoni affari. ''L'Italia - conclude - possiede competenze
tecniche avanzate che, potenzialmente, potrebbero contribuire a
sviluppare insieme nuovi progetti''. (ANSAmed).
Riproduzione riservata © Copyright ANSA