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Gran Mufti contro Papa, "immorali" parole su genocidio

Turchia teme che Usa e Germania si pronuncino su armeni

21 aprile 2015, 19:42

Redazione ANSA

ANSACheck

Armeni: Gran Mufti turco critica Papa - RIPRODUZIONE RISERVATA

Armeni: Gran Mufti turco critica Papa -     RIPRODUZIONE RISERVATA
Armeni: Gran Mufti turco critica Papa - RIPRODUZIONE RISERVATA

(ANSAmed) - ANKARA - Non si placa l'attacco di Ankara a Papa Francesco per le sue parole di riconoscimento del genocidio armeno perpetrato nel 1915-16 dal governo dei 'giovani turchi' negli ultimi anni dell'impero ottomano.
Oggi ha attaccato il pontefice il Gran Mufti di Ankara Mehmet Gormez, principale autorità religiosa musulmana sunnita del Paese e capo della direzione affari religiosi Dyanet del governo, che ha definito "immorali" le dichiarazioni di Bergoglio. Da 10 giorni è alta la tensione fra la Santa Sede e la Turchia. Ankara, che da sempre nega che il massacro di 1,5 milioni di cristiani armeni un secolo fa sia stato un genocidio,
ha reagito alle parole del Papa richiamando il suo ambasciatore in Vaticano, e attaccando il pontefice. "Considero la dichiarazione del Papa immorale, non posso collegarla con i valori di base del Cristianesimo", ha detto Gormez. Venerdì sono previste a Erevan, capitale dell'Armenia,
le commemorazioni per il primo centenario dell'inizio del genocidio armeno in presenza di capi di Stato e di governo stranieri fra cui il russo Vladimir Putin e il francese Francois Hollande. Ankara ora teme che nei prossimi giorni, dopo quelli del Papa e dell'Europarlamento nei giorni scorsi, arrivino altri riconoscimenti 'pesanti' del 'genocidio', soprattutto da Berlino e Washington. Il Parlamento tedesco, secondo la stampa di Ankara, pronuncerà venerdì con l'appoggio del governo la parola che la Turchia non vuole sentire in una risoluzione appoggiata dai cristiano democratici di Angela Merkel e dai socialdemocratici. Non è ancora chiaro che cosa dirà il presidente Usa Barak Obama, sottoposto negli ultimi giorni a forti pressioni di Ankara: ormai alla fine dell'ultimo mandato potrebbe rinunciare alla prudenza finora manifestata per non ferire l'alleato turco. Un alleato che la Casa Bianca, secondo diversi analisti, ritiene sempre meno affidabile, e presentabile, sotto la stretta autoritaria e islamica del presidente Recep Tayyip Erdogan.
Ankara intanto tenta di convincere l'opinione internazionale delle proprie buone intenzioni: alle dure proteste contro Vaticano ed Europarlamento, il governo islamico associa ora anche apparenti 'aperture', senza però muoversi di un millimetro - in piena campagna per le cruciali politiche del 7 giugno - dal 'no' al riconoscimento del genocidio. Il premier Ahmed Davutoglu, come Erdogan l'anno scorso, ha inviato le proprie condoglianze ai discendenti degli "innocenti Armeni Ottomani" massacrati nel 1915-16, ed ha annunciato che un ministro per la prima volta assisterà alla messa che sarà celebrata nella cattedrale armena di Istanbul in memoria delle vittime delle stragi. La stampa di opposizione però denuncia le responsabilità del governo nel "disastro diplomatico" del riconoscimento del genocidio dovuto, accusa, all'isolamento crescente di Ankara conseguenza della 'catastrofica' politica estera e regionale muscolare del 'sultano' Erdogan. (ANSAmed).

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