(di Paolo Paluzzi)
(ANSAmed) - TUNISI, 14 GEN - La rivoluzione tunisina celebra
oggi il suo anniversario. Inevitabile non tentare di azzardare
un bilancio a 5 anni esatti dalla cacciata del potente
presidente Ben Alì, cominciata il 17 dicembre del 2010 con il
gesto disperato di un giovane venditore ambulante a Sidi Bouzid,
poi sfociata in insurrezione popolare. Se la Tunisia non ha
subito le stesse sorti dei Paesi vicini, come Libia ed Egitto, o
lontani come Siria e Yemen, ed è l'unico che a detta di molti
può essere presentato come modello riuscito di 'primavera
araba', non tutti i tunisini sono concordi su questa
interpretazione. Ad ogni 14 gennaio, alcune voci si alzano per
celebrare l'evento, altre per denigrare un complotto. Gli
argomenti a favore dell'una o dell'altra tesi non mancano, ma
sarà compito della Storia emettere su quegli avvenimenti un
giudizio definitivo. Resta il fatto che questa rivoluzione è
riuscita comunque a consentire lo svolgimento di elezioni libere
e regolari, la promulgazione di una nuova Costituzione nel 2014,
la creazione di istituzioni stabili e democratiche, per finire
con l'assegnazione del Premio Nobel per la Pace a fine 2015 al
Quartetto del Dialogo Nazionale tunisino, a consacrare in
qualche modo la riuscita del modello di dialogo adottato in seno
alla società tunisina. Ma al di là di questo, la Tunisia ha
pagato un prezzo salato in materia di sicurezza e recessione
economica e al di là delle semplici letture semplicistiche
occidentali che vedono il Paese sempre e solo in lotta tra laici
e islamici quando in realtà la società locale è molto più
complessa, il potere politico sembra far fatica a mettere in
atto una governance efficace. Le riforme economiche appaiono
come congelate, il turismo ha subito una battuta d'arresto
dovuta al preoccupante fenomeno del terrorismo che con 3
attentati maggiori ha scosso lo scorso anno il Paese
determinandone in buona sostanza la sua cancellazione dagli
itinerari turistici di quasi tutti i tour operator mondiali. Ma
il terrorismo è un fenomeno che minaccia il Paese anche
dall'interno, considerate veritiere le statistiche che vogliono
la Tunisia come maggior fornitore di foreign fighter per le zone
di combattimento dell'Isis, all'incirca 5.500. Per sostenere il
piano di sviluppo 2016-2020, nel mese di dicembre 2015, la
Tunisia ha chiesto al Fondo monetario internazionale un nuovo
pacchetto di aiuti, dopo aver terminato un primo intervento
dell'entità di 1,7 miliardi di dollari. Nel 2015 il tasso di
crescita economica è stato negativo, meno dell'1%, per il 2016
le previsioni sono migliori, con +2,5%. Le difficoltà restano
molte, compreso un tasso di disoccupazione elevato e continue
rivendicazioni sociali, ma il governo di Habib Essid, in
versione recentemente riveduta e corretta, ha annunciato di
voler riportare in carreggiata il Paese con riforme efficaci
studiate anche per attirare nuovamente gli investitori
stranieri. La crisi politica del partito laico di maggioranza
Nidaa Tounes non aiuta di certo a creare nei cittadini-elettori
un idea di fiducia e lealtà nei confronti dei rappresentanti del
mondo politico, ma la democrazia è anche questo: alternanza al
potere e nessun vincolo di mandato per i parlamentari.
Nonostante molti difetti e obiettivi mancati, la 'rivoluzione
tunisina' ha però concesso ai cittadini la conquista della
libertà di espressione, anche nella sua forma di critica del
potere politico, esercizio prima nemmeno concepibile, e malgrado
ciò questa rivoluzione continua a rimanere nel mondo arabo
l'unica stella fragile a brillare ancora. (ANSAmed)
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