(ANSAmed) - ROMA, 23 GIU - Una regione euro-mediterranea
vittima non di uno "scontro di civiltà", ma di uno "scontro di
ignoranza", dove ancora prevalgono stereotipi del passato e la
"culturalizzazione" dei conflitti promossa da alcuni media e
interpretazioni ideologiche. Ma anche una regione in cui resta
fiducia nella possibilità di un progetto politico che valorizzi
le diversità e promuova l'innovazione, la imprenditoria e la
partecipazione dei giovani. E' l'immagine che emerge dal terzo
Rapporto sulle Tendenze interculturali nell'area euro
mediterranea, promosso dalla Fondazione Anna Lindh e
dall'Istituto Ipsos e condotto in 13 Paesi dell'Europa europei e
della sponda sud-orientale del Mediterraneo.
Presentato oggi alla Camera dei Deputati, il Rapporto si basa
su 13 mila interviste, raccolte tra persone dai 15 anni in su in
Finlandia, Polonia, Austria, Francia, Paesi Bassi, Italia,
Croazia e Portogallo in Europa, e Israele, Giordania, Palestina,
Tunisia e Algeria.
E presenta anche alcuni dati sorprendenti, come quelli che
sembrano sfatare alcuni miti sulle migrazioni. Alla domanda su
quale Paese sceglierebbe se potesse ricominciare la sua vita
altrove, il 60% degli intervistati della sponda sud risponde
infatti che lo farebbe ancora in quello d'origine, contro il 15%
che sceglierebbe l'Europa, il 6% il Golfo e il 5% il Nord
America. Diversi invece i dati per l'Europa, dove solo il 36%
ricomincerebbe in patria, il 30% in un altro Paese Ue e il 12%
nell'America del Nord, l'8% in Australia o Oceania. Quanto agli
italiani, il 41% sceglierebbe ancora l'Italia e il 25% un altro
paese Ue, anche se solo l'1% andrebbe nel sud del Med.
Ad indicare, secondo la coordinatrice del rapporto Eleonora
Insalaco, che almeno al sud resta un certo "ottimismo" sul
futuro, insieme alla convinzione - evidente in altri passaggi
dell'indagine - che "Nord e Sud insieme possano fare di più dei
governi nazionali", e che vi siano gli spazi per politiche euro
mediterranee più efficaci di quelle attuali.
Questione che si lega direttamente allo scopo del Rapporto,
cioè contribuire, in linea con gli obiettivi della Fondazione
Anna Lindh e con gli auspici della Presidenza maltese della Ue,
a nuove politiche di vicinato con la sponda sud.
Dal rapporto - presentato anche dal direttore esecutivo della
fondazione Anna Lindh, amb. Hatem Atallah, dal deputato Khalid
Chaouki, da Enrico Granara del Ministero degli Esteri, da Ettore
Greco dell'Istituto Affari Internazionali e da Rima Marrouch di
Bbc Arabic - emerge una diffusa convinzione che l'istruzione e
le iniziative guidate dalle giovani generazioni siano la
risposta migliore al conflitto e alla radicalizzazione. In tal
senso vanno infatti almeno l'80% delle risposte degli
intervistati in Europa come sull'altra sponda, ma in particolare
in Algeria, Giordania e Tunisia.
Il nodo delle migrazioni è percepito su entrambe le sponde
come uno dei temi che le accumuna, insieme agli stili di vita e
alla cucina, ma non è il più importante. Al nord solo il 44%
percepisce le migrazioni come "fortemente" associate con il
Mediterraneo - contro il 61% che romanticamente guarda di più
alla comunanza in termini di stile di vita e cucina - mentre al
sud lo sono per il 60%. Nella sponda sud si enfatizza però anche
l'ospitalità come carattere comune (65%), insieme al comune
patrimonio storico e culturale ed allo stile di vita (52%). E
questo nonostante al sud l'aspetto "origine di conflitti" - sui
quali insistono generalmente i media - sia fortemente associato
all'area euromediterranea dal 39% degli intervistati, contro il
25% al nord.
In generale vi è comunque una "resistenza", valutano gli
autori del rapporto, a far propria l'opinione di quanti
insistono invece, al nord come al sud, sugli aspetti negativi e
sui fattori che differenziano le due sponde. Insomma, in
generale vi è "una certa distanza - scrivono gli autori - dallo
spesso discusso, e molto desiderato dagli estremisti, scontro di
civiltà". (ANSAmed).
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