Quando la magistratura ha aperto un'inchiesta sulla vicenda ha scoperto - fra la sorpresa generale - che il palestinese in questione, Hassan Julani, negava di essere stato percosso. Con la successiva chiusura del caso esponenti di governo hanno attaccato duramente Breaking the silence, accusandola fra l'altro di divulgare sistematicamente menzogne in Israele e all'estero a scapito dell'esercito.
La Ong ha subito replicato accusando a sua volta il governo di essere impegnato in una campagna politica di diffamazione a suo danno.
La chiusura del caso, secondo la Ong, era stata decisa per metterla in cattiva luce di fronte all'opinione pubblica ed il palestinese interrogato, ha aggiunto, ''non era quello giusto''.
Ieri una televisione ha intervistato un secondo palestinese di Hebron, la cui testimonianza non e' risultata pero' decisiva.
Ora non e' escluso che la magistratura si veda costretta a riaprire le indagini. Nel frattempo nella polemica e' stato trascinato anche l'ambasciatore di Israele in Germania e padre dell'attivista politico, Jeremy Issacharov. Questi ha rilanciato un messaggio twitter della moglie (in cui essa faceva appello ai dirigenti di Israele a moderare i toni verso i riservisti attivi nella Ong) ed e' stato subito attaccato a sua volta da un gruppo di estrema destra che adesso invoca il suo licenziamento. (ANSAmed).
Riproduzione riservata © Copyright ANSA