(di Gaetana D'Amico)
(ANSAmed) - BARCELLONA, 10 GEN - "Mai e poi mai avremmo
pensato che Jordi sarebbe stato arrestato e imprigionato. Ma il
processo che lo attende servirà a dimostrare che quello che ha
fatto e' legittimo e soprattutto che il referendum
sull'autodeterminazione e' stato legittimo".
Txell Bonet e' un fiume in piena. Giornalista, 43 anni, e' la
compagna di Jordi Cuixart, presidente di Omnium Cultural,
(organizzazione indipendentista catalana), in carcere preventivo
dall'ottobre del 2017 dopo il referendum sull'indipendenza della
Catalogna dove oltre l'80% di coloro che andarono a votare (2,3
milioni SU 5,3 aventi diritto) si disse a favore. La situazione
e' precipitata dopo la proclamazione di indipendenza del
presidente della Catalogna, Carles Puigdemont, respinta da
Madrid che poi ha reagito prendendo il controllo del Parlamento
e incriminando i leader.
Le accuse a carico di Cuixart sono di 'ribellione', per aver
portato avanti il progetto politico dell'indipendenza, un reato
che prevede 30 anni di reclusione, ma il processo a suo carico
non e' ancora iniziato, ne' tantomeno c'e' mai stata un'udienza
per la libertà su cauzione. Insieme a lui sono in carcere anche
altri esponenti della societa' civile, come Jordi Sanchez, oltre
a diversi politici, tra cui l'ex vicepresidente della Catalogna,
Oriol Junqueras.
Nella sede di Omnium, nel centro di Barcellona, la compagna
di Cuixart racconta a un gruppo di giornalisti stranieri le
vicissitudini di questi ultimi mesi. "Stanno cercando di
distruggerci, ma non ci riusciranno", si accalora subito. "Il 15
gennaio e' il termine ultimo per la presentazione dei documenti
da parte della Difesa. Dopo quella data, tra due-tre settimane,
dovrebbe essere fissato il processo. A quel punto potremo
dimostrare le irregolarità' della giustizia spagnola", spiega
Txell, madre di un bimbo di 18 mesi avuto con Jordi. "Ma anche
se venisse condannato, la nostra lotta per l'indipendenza non si
fermera'. Mi dico spesso che dovrei prepararmi al peggio, ma
allo stesso tempo ho fiducia anche se non e' che penso che il
mio compagno possa uscire la settimana prossima e che quindi
dovrò pulire casa", dice con una risata forzata. "Lui e' molto
ottimista e forte. Mi dice sempre: sto in prigione, cosa può
succedere di peggio? Le nostre famiglie hanno vissuto nel
periodo della dittatura, siamo abituati alle situazioni
difficili. Rimpianti? Nessuno. Ne' io, ne' lui, l'ho rispetto
molto perché quello che fa e' legittimo. E so di non essere
sola. Le manifestazioni per chiedere il suo rilascio e quella
degli altri, a Natale e Capodanno, lo hanno dimostrato".
Con l'incarcerazione di Cuixart, Omnium Cultural si e' dovuta
adattare al cambiamento, "ma non ha perso i suoi principi e i
suoi obiettivi che sono quelli di diffondere la coesione
sociale, l'integrazione della lingua e cultura catalana e
difendere i diritti dell'uomo", sostiene Marcel Mauri,
vicepresidente dell'organizzazione che oggi conta 133mila
membri. Da quando il leader e' in carcere, lui si e' dovuto
assumere più' responsabilità', ma ci tiene a precisare che il
capo e' e rimane Jordi. "Anche dal carcere continua a difendere
i diritti fondamentali dell'uomo", spiega. "Certo anche noi
abbiamo fatto degli errori, quello di non credere che uno stato
moderno europeo poteva rispondere con la violenza a una proposta
di dialogo. Ma siamo solo noi ora a pagare quell'errore".
Secondo Mauri, 'se la Giustizia spagnola e' equa, i leader
saranno assolti, ma anche se venissero condannati, noi siamo
pronti a rivolgerci alla Corte di Strasburgo". "L'unico modo per
uscire da quest'impasse e' l'indipendenza e noi siamo sempre
pronti al dialogo, ma Madrid continua a non rispondere alle
nostre richieste. I sondaggi pero' confermano che oggi la
volontà' del popolo e' ancora più forte. La domanda e': per
quanto tempo ancora Madrid ignorera' il fatto che la maggioranza
vuole l'indipendenza?". (ANSAmed).
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