BRUXELLES - Le norme del bail-in applicate dalla Commissione Ue nel salvataggio delle banche slovene non violano la regole europee. Così una sentenza della Corte Ue, secondo cui "la ripartizione degli oneri tra azionisti e obbligazionisti subordinati" non viola "il diritto dell'Ue" nel campo "degli aiuti di stato a favore di una banca sottocapitalizzata". La sentenza arriva dopo il ricorso della Corte Costituzionale slovena legato al salvataggio del 2013 che ha comportato l'azzeramento del capitale dei soci e dei titoli subordinati.
Nel dicembre 2013, la Banca centrale della Slovenia aveva preso misure straordinarie per la ricapitalizzazione, il salvataggio e la liquidazione di cinque banche. Le misure, che comprendevano la liquidazione del capitale degli azionisti e dei titoli subordinati, avevano ricevuto l'ok della Commissione Ue. La Corte costituzionale slovena, che ha ricevuto numerose domande di legittimità costituzionale della legge sul settore bancario, ha quindi chiesto alla Corte Ue di giustizia di pronunciarsi sulla validità della comunicazione della Commissione Ue sul settore bancario e gli aiuti di stato. Per quanto riguarda le misure di ripartizione degli oneri tra azionisti e creditori subordinati, queste mirano a limitare l'entità dell'aiuto di stato concesso perché altrimenti "una diversa soluzione rischierebbe di provocare distorsioni della concorrenza". Il fatto che, nelle prime fasi della crisi finanziaria i creditori subordinati non abbiano contribuito al salvataggio delle banche, "non consente" ora a questi "di non essere sottoposti" a misure di ripartizione degli oneri. E, visto che gli azionisti sono responsabili per le passività della banca fino a concorrenza del suo capitale sociale, il fatto che contribuiscano a coprire le perdite "non si può considerare una compromissione del loro diritto di proprietà". Inoltre, sebbene gli Stati membri possano dovere, in una situazione particolare, adottare misure di ripartizione degli oneri senza il consenso dell'assemblea dei soci della banca, questo "non può rimettere in discussione la legittimità della comunicazione" della Commissione Ue.
Per quanto riguarda invece le misure di conversione o svalutazione dei titoli subordinati, "la Corte ritiene che uno Stato membro non sia obbligato a imporre alle banche in difficoltà" di "convertire in capitale i titoli subordinati o di svalutarli, né di impiegare integralmente tali titoli per assorbire le perdite". Ma, avvertono i giudici di Lussemburgo, in questo caso "non si potrà ritenere che l'aiuto di stato sia stato limitato al minimo necessario". Quindi il Paese "si assume il rischio di vedersi opporre una decisione della Commissione che dichiara l'incompatibilità di tali aiuti", anche se queste misure "non devono andare oltre a quanto è necessario".
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