Brusca battuta d'arresto per la nuova
normativa Ue che limita l'uso delle buste di plastica più
leggere, quelle più facilmente destinate all'usa e getta. Una
priorità per il semestre di presidenza italiano, da chiudere con
un accordo politico entro dicembre. Quello che si prospetta
invece è un vero e proprio braccio di ferro fra le istituzioni
europee: al round finale dei negoziati un accordo di principio
fra Europarlamento e Consiglio Ue sembra sia stato raggiunto, ma
la Commissione europea non sarebbe dello stesso avviso.
"La presidenza italiana e' riuscita ad avere un Consiglio
unito per una soluzione ambiziosa, con la quale avremo misure
vincolanti che ridurranno in maniera importante l'uso delle
buste di plastica" aveva annunciato in mattinata l'eurodeputata
danese Margrete Auken, dopo l'ultima riunione dei negoziati con
Commissione europea e Consiglio Ue, il cosiddetto 'trilogo'. Le
tanto controverse nuove regole prevedono l'obbligo per gli Stati
membri di scegliere se attuare una o entrambe le opzioni:
imporre un prezzo ai sacchetti di spessore inferiore a 0,05
millimetri entro la fine del 2017, oppure di scegliere il target
di riduzione, cioe' un consumo di 90 sacchetti pro capite entro
il 2019 e di 40 pro capite entro il 2025.
Il nuovo esecutivo targato Juncker però non ci sta. "Un
accordo non è stato ancora raggiunto: la Commissione prende nota
del risultato del trilogo di ieri" hanno riferito fonti della
Commissione Ue. "Domani il vicepresidente Frans Timmermans e il
commissario europeo all'ambiente, Karmenu Vella, ne informeranno
il collegio e poi Timmermans verrà in sala stampa per rendere
noti i risultati della discussione e su come procedere" hanno
aggiunto le stesse fonti. Il problema è che la Commissione
europea comincia a muoversi tardi, dopo svariate riunioni
tecniche e tre incontri di negoziato del 'trilogo', in cui
Europarlamento e Consiglio Ue il compromesso l'hanno raggiunto.
L'impressione insomma è che l'esecutivo Ue contasse più su una
disfatta che non su un accordo fra i due co-legislatori e fosse
pronto a ritirare la proposta del precedente esecutivo.
Quello che si va delineando è un paradosso a livello
istituzionale, visto che, dopo aver presentato la proposta, il
ruolo della Commissione europea sarebbe quello di 'facilitatore'
di un compromesso, non certo di 'frenatore'. Facendo retromarcia
poi mette in gioco la continuità amministrativa, rispettata
invece dal nuovo Europarlamento.
In attesa di conoscere le prossime 'mosse' della squadra di
Juncker, quel che è chiaro è che il vento in materia ambientale
a Bruxelles è cambiato.
La riunione dei rappresentanti dei 28 Stati membri intanto è
fissata per venerdì prossimo. La possibilità di far passare le
nuove regole senza l'ok della Commissione Ue esiste: servirebbe
un voto all'unanimità del Consiglio e poi quello dell'
Europarlamento sullo stesso testo. Una prova delicata per la
presidenza italiana, su un dossier che potrebbe avere un impatto
su una procedura d'infrazione ancora aperta.
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