"Non c'è accordo" tra i 28 sul
'made in' perché "non siamo riusciti a trovare una mediazione"
in quanto "diversi stati membri tra cui la Germania non hanno
una visione comune". E' quanto ha riconosciuto il ministro dello
sviluppo economico Federica Guidi al termine dell'ultimo
Consiglio Ue competitività da lei presieduto.
Il dossier relativo alla sicurezza dei prodotti che introduce
l'obbligo d'indicarne l'origine, nonostante abbia ricevuto il
via libera del Parlamento europeo lo scorso aprile, da mesi è
arenato al Consiglio per la contrarietà dei paesi del Nord
guidati da Berlino. A settembre sotto presidenza italiana è
stata incaricata la Commissione di compiere uno studio d'impatto
sui costi dell'introduzione della normativa, come avevano
chiesto molti paesi.
I risultati di questo studio sono attesi per "inizio 2015",
con l'auspicio che aiutino a trovare una "soluzione", ha detto
la Guidi ai colleghi, sottolineando la "disponibilità" della
presidenza Ue a trovare un compromesso per chiudere il dossier
da tempo in "impasse". Questo potrebbe articolarsi, ha spiegato
la Guidi, attorno a una "perimetrazione" dei campi
d'applicazione, "l'introduzione di eventuali clausole di
revisione" e a "criteri alternativi" per identificare il paese
d'origine di un prodotto. "La presidenza confida", ha concluso
la Guidi, "che questi nuovi dati" attesi da parte della
Commissione "ci possano aiutare a trovare una soluzione".
La procedura legislativa non ha però fatto altri passi in
avanti durante il semestre italiano. "Ci auguriamo che opzioni
alternative come la perimetrazione" dei settori d'applicazione
del 'made in' "possano far convergere gli stati membri su una
soluzione", e "come Italia sosterremo la prossima presidenza Ue
lettone" per arrivare a un'intesa.
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