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Dalle palme alle vele di Colombo, il vento muove la storia

In "Vele, motore della storia" l'evoluzione della navigazione

08 settembre, 11:27
(ANSA) NAPOLI, 8 AGO - "Il termine vascello viene da vaso e sta ad indicare la capacità di un natante di galleggiare e trasportare qualcosa. Ma il passaggio dall'uomo che nuota, all'uomo a cavalcioni di un tronco, e poi su una zattera o dentro una canoa, è così naturale che sicuramente nella preistoria deve essere avvenuto in molte occasioni e ovunque nel mondo, anche senza la benedizione di Archimede". Comincia così il viaggio di Paolo Dell'Oro nel rapporto tra l'uomo e la vela attraverso i secoli in "Vele, motore della storia" (edizioni Il Frangente, pgg 360, prezzo 23 euro). Il libro, corredato da una serie di illustrazioni in bianco e nero, narra come si navigava a vela nell'antichità e soprattutto le vicende di un periodo storico che ha cambiato la visione del mondo. Nei trecento anni che corrono tra la scoperta dell'America da parte di Colombo e dell'Australia da parte di Cook, forse i più grandi marinai di tutti i tempi, il mondo cambiò infatti in un modo così radicale che probabilmente noi non siamo in grado di capirlo fino in fondo. E tutte le scoperte di nuove terre furono fatte con le navi a vela, all'epoca unico propulsore oceanico: se i navigatori non si fossero affidati ai venti per attraversare le enormi distese d'acqua, l'America sarebbe stata scoperta solo nell'Ottocento. Ma il viaggio di Dell'Oro parte da molto lontano, dalle rotte che l'archeologo navale Lionel Casson attribuisce agli egizi: "E' probabile - si legge - che i primi viaggi via mare siano stati compiuti dagli Egizi che andavano verso nord lungo le coste della Palestina e della Siria (probabilmente a remi dato che il vento è di prua). Egitto e Mesopotamia, dunque, ebbero il primato sul resto del mondo nell'arte di navigare, come in tante altre cose". Pur ammettendo che "la tendenza autoreferenziale di ogni popolo ci ha portato a trascurare tutto ciò che avveniva fuori dal Mare Nostrum e dai suoi dintorni, e ciò rende ancora più difficile risalire alle origini della navigazione in regioni lontane da noi. Eppure, anche se non ci sono pervenuti documenti di qualche tipo, esistono indizi che altre marinerie abbiano fatto, in modo indipendente, un percorso simile al nostro, e che forse in certi casi ci abbiano preceduto".

L'uomo ha cominciato quindi, non sapendo governare il vento, a navigare con le pagaie ma srvendosi contemporaneamente delle fronde degli alberi: "esempi dell'uso delle "frasche eoliche" - scrive Dell'Oro - sussistono anche ai giorni nostri in Camerun e in Thailandia ma nell'antichità era il metodo sicuramente più diffuso e ci sono pervenuti dei vasi egizi dell'epoca predinastica (3600-3100 a.C.) che raffigurano imbarcazioni "armate" con delle foglie di palma a prua. Da alcuni graffiti vichinghi sembra che anche questi marinai, con vento favorevole, issassero delle frasche che poi, nella bonaccia, ammainavano al centro barca. Dai rami frondosi si passò alle stuoie intrecciate sostenute da pertiche e infine al tessuto tesato da un pennone orizzontale che esponesse al vento la più ampia superficie possibile. La prima vela fu quadrangolare; frammenti fittili, risalenti alla prima dinastia egizia del 3200 a.C., raffigurano già questo tipo di attrezzatura, che costituì le prime vere vele della storia". Il viaggio continua analizzando l'evoluzione dei materiali e delle forme delle vele, ma anche del cordame. Fino ad arrivare alle modernissime vele di oggi. Un'evoluzione che va di pari passo con quella dell'uomo stesso, perché, come scriveva Winston Churchill: "In qualsiasi epoca della storia europea la soluzione dei grandi problemi è venuta dal mare". (ANSA).

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