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Responsabilità editoriale di ASviS
Responsabilità editoriale di ASviS
I Paesi dell’Unione europea, a causa dell’importazione di prodotti come soia, olio di palma, carne bovina, cacao, caffè e legno, sono tra i maggiori responsabili della deforestazione tropicale e della distruzione di ecosistemi come praterie, savane e zone umide, per un totale di 203 mila ettari di terreni naturali compromessi e 116 milioni di tonnellate di CO2 emesse tra il 2005 e il 2017.
È quanto afferma il rapporto pubblicato il 14 aprile dal Wwf dal titolo “Stepping up: the continuing impact of Eu consumption on nature”, che rivela le nefaste conseguenze della cosiddetta “deforestazione incorporata”, che si realizza attraverso beni importati, sugli ecosistemi tropicali e subtropicali in America centro meridionale, Africa e Sud-est asiatico. Basato su dati e approfondimenti realizzati dallo Stockholm environment institute (Sei) e sulle analisi del Transparency for sustainable economies-trase, il dossier mostra che otto economie Ue, tra cui, in ordine, Germania, Italia, Spagna, Gran Bretagna (ancora inclusa nel conteggio), Paesi Bassi, Francia, Belgio e Polonia, hanno generato da sole l’80% della deforestazione collegata alle importazioni europee dai Paesi tropicali.
Le zone più colpite da questo fenomeno, per l’importazione di soia e carne bovina, sono il Cerrado e l’Amazzonia in Brasile e il Chaco in Paraguay e in Argentina, per il cacao l’Africa centrale, e per l’olio di palma l’Indonesia, la Malesia e Papua Nuova Guinea. Dopo essere stato per anni il primo importatore di deforestazione, nel 2017 l’Unione europea è stata responsabile del 16% della deforestazione internazionale, cedendo il primo posto alla Cina (24%), seguita al terzo posto da India (9%), Stati Uniti (7%) e Giappone (5%).
Oltre alle foreste, spiega il dossier, il fenomeno riguarda anche altri ecosistemi naturali, come praterie, zone umide e savane, ricche di biodiversità e punti di riferimento per le comunità locali, distrutte a causa dello sfruttamento agricolo. Anche con la deforestazione a zero, si prevede, infatti, che sette milioni di ettari di terreno in Paraguay, 10,5 milioni in Argentina e 88 milioni in Brasile potrebbero essere distrutti dall’avanzare dell’agricoltura.
“L’espansione dell’agricoltura nelle regioni tropicali” - si legge nel dossier - “è la più grande minaccia per le foreste e per gli altri ecosistemi naturali, responsabile globalmente della deforestazione di cinque milioni di ettari di foreste in terreni agricoli tra il 2005 e il 2017”.
La responsabilità di questo fenomeno non è esclusiva dei Paesi produttori, ma anche di quelli importatori: le legislazioni dei Paesi venditori, infatti, non sono sufficienti per proteggere gli ecosistemi naturali e i mercati globali esercitano una pressione crescente sulle aree intatte, creando nuove frontiere di conversione.
“Sebbene l’Unione europea si sia impegnata a fermare la deforestazione entro il 2020” - prosegue il Rapporto - “e sebbene il 2020 sia passato, siamo lontani dal raggiungimento di questo obiettivo. L’Ue continua a guidare la distruzione di foreste e altri ecosistemi attraverso il consumo di merci”.
Per questo, il Wwf propone una legislazione per fermare la distruzione delle foreste e di altri ecosistemi, che prevede otto punti fondamentali:
di Viola Brancatella
Responsabilità editoriale di ASviS
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