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Anche in Italia il problema delle risorse idriche sarà aggravato dal cambiamento climatico

Anche in Italia il problema delle risorse idriche sarà aggravato dal cambiamento climatico

22 dicembre 2021, 16:53

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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[Da futuranetwork.eu]

Un bene dal valore inestimabile, visto che non c’è nulla che possa sostituirlo. Ma anche un elemento che sulla Terra troppo spesso viene dato per scontato. Oggi circa 2,2 miliardi di persone non hanno accesso all’acqua potabile, secondo le Nazioni unite. Eppure la sfida di una gestione sostenibile dell’acqua non sembra essere in cima all’agenda globale, sebbene la disponibilità e la qualità della risorsa idrica stia cambiando rapidamente per effetto dei cambiamenti climatici.

Le mutazioni nei tempi e nel luogo delle precipitazioni, combinati con l’aumento dei livelli di inquinamento delle acque, metteranno a dura prova gli ecosistemi. In molte regioni del mondo precipitazioni stanno diventando più variabili e più incerte, portando a inondazioni e siccità più frequenti e più intense. Anche in Italia, dove con un amento della temperatura fino a 2°C nel periodo 2021-2050, si registrerà una diminuzione delle precipitazioni estive del Centro e del Sud e un incremento di eventi legati a precipitazioni intense al Nord. Quali saranno le conseguenze sulla risorsa idrica? I dati pubblicati nel 2020 dalla Fondazione Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc) aiutano a fare chiarezza. Per le aree urbane, ad eccezioni di alcune zone del Veneto e della Toscana e delle zone alpine, la riduzione delle precipitazioni determinerà situazioni di siccità e scarsità idrica più frequenti. “L’Italia meridionale subirà in modo particolare una riduzione delle prestazioni dei bacini idrici. Si è visto come la maggior causa dell’insufficienza dei sistemi in Sud Italia sia legata alla riduzione delle precipitazioni disponibili piuttosto che alla capacità del serbatoio, problema principale invece per i sistemi analizzati in Centro Italia”, si legge nel Rapporto. In un recente intervento al Green&Blue summitPaola Mercogliano, ricercatrice della Fondazione Cmcc, ha mostrato come l’impatto del clima cambierà la vita delle città italiane: Napoli, Bologna, Milano e Roma fanno registrare un trend di crescita del numero di giorni molto caldi. In alcune zone d’Italia, è in corso un aumento dei massimi di precipitazione, nel periodo da novembre a marzo. Le città che non adottano misure per salvaguardare la propria fornitura d’acqua potrebbero avere importanti ripercussioni.

In questo contesto, i principali fattori di vulnerabilità che deve affrontare l’Italia sono almeno quattro. Innanzitutto, la cronica emergenza in tema di depurazione: la violazione della direttiva europea sulle acque reflue urbane è, infatti, oggetto di ben quattro infrazioni attualmente a carico dell’Italia a partire dalla prima del 2017. Il secondo aspetto riguarda lo stato delle nostre infrastrutture idriche, che sono sempre più obsolete, sicché il 47,6% dell’acqua potabile viene dispersa (il 42% solo nelle reti di distribuzione). Analizzando le differenze territoriali Nord-Sud si ottiene la fotografia di un Paese spaccato a metà: rileva l’Istat che il 96% circa della popolazione residente nelle Isole abita in province con perdite pari ad almeno il 45%, rispetto al 4% del Nord-Ovest. Un dato che trova conferma nel grado di soddisfazione espresso dagli utenti finali: nove famiglie su dieci si dichiarano complessivamente soddisfatte del servizio idrico, ma il dato cala drasticamente in Calabria (30,4%), Sardegna (24%), Sicilia (17,5%) e Abruzzo (16,5%).  Il terzo elemento riguarda gli investimenti nel settore idrico: siamo agli ultimi posti in Europa davanti solo a Malta e Romania. Secondo il Libro bianco 2021 di The European House Ambrosetti, investiamo 40 euro per abitante all’anno (rispetto a una media europea di 100 euro). Rispetto agli investimenti, è utile ricordare che la maggior parte degli acquedotti sono stati realizzati con fondi pubblici dal secondo governo Giolitti. Infine, vi è l’aggravante degli sprechi: siamo il secondo Paese dell’Unione europea per prelievi di acqua ad uso potabile, con 153 metri cubi annui (il doppio della media europea, quasi tre volte la Germania) ed un consumo pro capite giornaliero pari a 240 lt/gg. A questo consumo si aggiunge quello dei 200 litri pro capite all’anno per consumi di acqua minerale in bottiglia, in prevalenza di plastica. Siamo primi al mondo. Non sono dati confortanti, come conferma anche l’ultimo rapporto ASviS: dal 2010 al 2018, l’Italia ha mostrato, in relazione al Goal 6 (Acqua pulita e servizi igienico sanitari) dell’Agenda 2030, un andamento complessivamente negativo, dovuto sia al peggioramento dell’indice di sfruttamento idrico (che rapporta i prelievi idrici per tutti gli usi rispetto alle risorse idriche disponibili) sia alla diminuzione dell’efficienza delle reti idriche che al permanere di  un bassa fiducia dei cittadini rispetto alla sicurezza dell’acqua di rete.

continua a leggere su asvis.it

 

di Andrea De Tommasi

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