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Nuovo allestimento per il Ripostiglio di San Francesco

Nuovo allestimento per il Ripostiglio di San Francesco

È il più importante deposito dell'Età del ferro in Italia

BOLOGNA, 08 febbraio 2024, 15:31

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Un nuovo allestimento del Ripostiglio di San Francesco, il più importante deposito dell'Età del Ferro in Italia, è visitabile al Museo Civico Archeologico di Bologna dove dall'11 febbraio al 6 aprile il ciclo di conferenze, visite guidate e laboratori per bambine e bambini, "Il dolio delle meraviglie", ne racconterà lo straordinario valore, "importante per la storia di Bologna, a partire proprio da quella archeologica", ha spiegato Eva Degli Innocenti, direttrice del settore musei civici del capoluogo emiliano.
    La scoperta del Ripostiglio di San Francesco avvenne nel 1877 da parte dell'archeologo Antonio Zannoni nell'attuale Basilica di San Francesco a Bologna, un massiccio vaso di terracotta, "dolio", contenente 14.841 oggetti metallici (circa 14 quintali), tutti rigorosamente catalogati, sia di produzione locale che di altre provenienze, per un periodo che va dalla fine dell'Età del Bronzo agli inizi del VII secolo a.C., data in cui avvenne la deposizione del grande vaso e l'accurata sistemazione del suo contenuto.
    Oltre al numero, eccezionale risulta la varietà dei pezzi presenti: armi, oggetti di ornamento, utensili e attrezzi si affiancano a frammenti di vasellame, lamine ritagliate, verghette, pani metallici di varie dimensioni, scarti di fusione e scorie. "Materiale proveniente dal deposito di una fonderia - ha aggiunto Paola Giovetti, direttrice dell'Archeologico - Per ragioni di spazio, saranno esposti solo 3.500 pezzi suddivisi per tipologia e per serie in maniera da renderli gradevoli e comprensibili a tutto il pubblico". Per agevolare la fruizione, è stato effettuato un intervento di riqualificazione dell'impianto illuminotecnico ed espositivo della Sala Xb del Museo con il recupero delle vetrine ottocentesche.
    Il nuovo allestimento è stato realizzato anche grazie al contributo della Regione Emilia-Romagna, della Fondazione Luigi Rovati di Milano e della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.
   

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