Alle pareti quadri con l'immagine
del giudice Paolo Borsellino, assassinato dalla mafia. Nella
sala del ristorante pietanze semplici preparate coi prodotti
della terra e accoglienza familiare: manca la tv. Per scelta,
"perché vogliamo che a tavola si coltivino le relazioni, senza
essere distratti da altro", dicono i gestori. Nella provincia di
Trapani, terra straordinariamente ricca di storia, cultura e
paesaggi di colori e feudo del boss latitante Matteo Messina
Denaro, capo del mandamento di Castelvetrano, nella vicina
Salemi c'è il turismo rurale 'Al Ciliegio', una delle attività
di promozione sociale alla legalità che conduce la "Fondazione
San Vito Onlus" di Mazara del Vallo, braccio operativo della
Caritas diocesana.
L'immobile è il vecchio casolare/magazzino rurale che era al
servizio dei vigneti e seminativi confiscati alla mafia: fu
tolta al patrimonio di Calogero Musso, condannato all'ergastolo,
considerato reggente del clan mafioso di Vita, tra Salemi e
Calatafimi. Il casolare è passato nella gestione del patrimonio
indisponibile del Comune che lo ha affidato per dieci anni alla
Fondazione. Nel gennaio 2019 la Fondazione è risultata
vincitrice del nuovo bando di affidamento per altri 10 anni.
Oggi quel vecchio casolare è diventato luogo di turismo
rurale: al primo piano c'è la piccola cucina, a pian terreno
bagni, bar e pochi tavoli. Nel tempo sono stati ampliati i posti
a sedere, con la realizzazione di un'aula didattica multiuso
(finanziata dalla Fondazione Vodafone Italia) per lo svolgimento
di corsi e laboratori destinati a studenti e associazioni e,
quando necessaria, per ampliare la capienza del ristorante che,
a pieno regime free Covid-19, può ospitare sino a 60 persone.
Negli anni il turismo rurale è diventato una meta per
buongustai e per chi vuole godersi la natura dalle ampie vetrate
della sala ristorante o lungo i sentieri che conducono
all'albero-simbolo di ciliegio. In cucina c'è Annamaria
Bongiorno, in sala, invece, la sorella Lucia e Salvatore
Trombino. Sono le sorelle Bongiorno che preparano le conserve
poi servite a tavola, così come anche le busiate, la tipica
pasta del Trapanese. "In tempo di primavera e d'estate
coltiviamo gli ortaggi qui nel terreno a fianco - racconta il
presidente della Fondazione, Vito Puccio - per realizzare piatti
con prodotti a km zero".
Poco distante dal casolare c'è un impianto fotovoltaico che
consente alla struttura una quasi totale autonomia dal punto di
vista dell'approvvigionamento elettrico. La rotta che negli anni
ha contraddistinto l'esperienza de "Al Ciliegio" è quella del
dialogo col territorio (sui diversi livelli: istituzionale,
associazionismo, Chiesa, imprese agricole e cooperative sociali)
in una logica di costruzione di scelte condivise nell'ottica del
bene comune. "Sarebbe fin troppo semplice pensare a questa
nostra realtà come un luogo dove mangiare, in assenza degli
aspetti dialoganti e umani", spiega Puccio.
La cucina casalinga, l'orto al servizio esclusivo dei piatti
che vengono preparati, l'amore sul lavoro dei dipendenti, la
cura delle terre circostanti (vigneti e foraggi) sono tutti
aspetti che la Fondazione promuove, non soltanto nell'ottica di
informare, ma, soprattutto, di sensibilizzare ai temi della cura
dell'umano e dell'ambiente. "Quello de 'Al Ciliegio' è
un'esperienza prima da vivere e poi da raccontare", dice chi c'è
stato.
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